Dossier sui “mantra” scagliati contro il PD. (2/13) Il PD non è più un Partito di sinistra.

“Mantra” numero 2. Pubblichiamo il secondo di una serie di 13 articoli in cui Enzo Puro prova, al fine di affrontare una seria analisi della sconfitta democratica, a sgomberare il campo dai falsi argomenti, dalle caricature giornalistiche, dalle prese diposizione ideologiche.
E questo non per togliere a Matteo Renzi le sue responsabilità o per provare a scaricare le responsabilità della sconfitta sugli avversari o peggio sugli elettori. Ma per potersi dedicare con serietà all’opera di ricostruzione.

Letto 5179
Dossier sui “mantra” scagliati contro il PD. (2/13) Il PD non è più un Partito di sinistra.

Abbiamo chiaro che quando si perde non può essere colpa degli avversari o peggio degli elettori.
Ma per dedicarsi con pazienza a ricostruire o, se volete, a rigenerare è necessario sgomberare il campo dai falsi argomenti, dalle caricature giornalistiche, dalle prese di posizione ideologiche.
Il dossier che pubblichiamo su Manrico.social, composto da 13 articoli, vuole assolvere a questo compito senza voler essere una assoluzione del giovane leader fiorentino.

Link agli articoli:
Renzi e il voto degli operai e dei disoccupati
Il PD non è più un Partito di sinistra
Il PD non ha fatto autocritica
Il peggiore risultato della sinistra
Lontananza dalle sofferenze sociali ed aumento della povertà
Il Jobs act ha reso più precario il lavoro
Partito dei ricchi (banche, imprese proprietari di case)
Renzi ha ucciso la scuola pubblica
Promossi solo quelli del giglio magico
10 Renzi ha voluto il rosatellum
11 Il cattivo carattere e gli errori di Renzi
12 Moltissimi elettori del PD hanno votato 5 stelle
13 Renzi non è stato chiaro sull’Europa

MANTRA N° 2:

IL PD HA PERSO PERCHÉ NON È PIU’ UN PARTITO DI SINISTRA?

Sulla base di cosa si stabilisce che una forza politica è di destra o di sinistra?

Tale distinzione se non vuole avere un significato solo topografico ha bisogno di una nuova mappa concettuale adeguata ai tempi (non è più sufficiente l’elenco poetico delle caratteristiche ormai demodè fatto da Veltroni anni fa in una bella trasmissione di Fabio Fazio).

Un leader lo si giudica di destra o di sinistra innanzitutto dalla sua azione di governo.

Come dobbiamo giudicare una azione di governo che ha combattuto l’austerità europea seguendo i convincimenti di Barak Obama e la scuola di pensiero di economisti liberal (e non certo marxisti) tipo Fitoussi o Amartya Sen? Che ha creato (contrariamente ad ogni ipotesi di scuola liberista che ha come motto l’affamare la bestia tagliando selvaggiamente il welfare) una rete welfaristica potente per proteggere ed assistere attivamente una fascia molto più ampia di soggetti, ben oltre i confini stabiliti dall’ormai consunto Statuto dei lavoratori, approvato verso la fine dell’epoca fordista)? Che ha instaurato nuovi diritti civili e sociali, dallo statuto dei lavoratori autonomi alla fine delle dimissioni in bianco, dalla legge contro il caporalato alle Unioni civili per coppie LGBT, dal testamento biologico alla legge sull’autismo e tante altre leggi di civiltà?

E se tutto questo è vero, al di là dei mantra giornalistici, allora forse l’analisi della sconfitta deve andare ancora più a fondo e deve scavare, come abbiamo già detto nell’articolo precedente, sulla apocalisse antropologica che negli ultimi 30 anni, insieme ai rapporti spazio temporali, ha modificato i desideri, le sensazioni, le richieste, gli obiettivi, gli stili di vita, le passioni, le modalità dello stare insieme, di quelle che un tempo erano chiamate le masse popolari, quella apocalisse antropologica per cui l’anelito alla libertà di tante lotte della sinistra si è trasformato nel più grande motore biopolitico e bioeconomico del capitalismo globale.

Una apocalisse antropologica che è comune a tutto il mondo occidentale (la vittoria di Trump negli USA ne è stato un esempio eclatante come fu un’anteprima assoluta, 25 ani fa, la vittoria esprimente egemonia di Berlusconi).

Certo in quella sconfitta c’è anche tanto altro.

C’è la crisi di fiducia nel futuro eredità della crisi del 2008, c’è il non aver fatto in tempo a trasferire nel vissuto quotidiano gli straordinari dati macroeconomici che ci fanno dire che stiamo per uscire da una crisi non certo secondaria per potenza devastante di quella del 1929, crisi, c’è la reazione furibonda di poteri piccoli e grandi che si sono sentiti toccati nelle loro incrostazioni e nei loro privilegi, etc. etc.

So per certo però che la causa di quella sonora sconfitta non può essere individuata nelle scarse politiche di sinistra del PD. Ed anzi mi spingo a dire che l’avere, da parte di Renzi, attutito negli ultimi anni il suo profilo riformista per aspettare la sinistra del partito ed evitare rotture eclatanti da un lato non ha evitato la scissione (che era già stata decisa a priori da un vecchio apparato che era stato messo da parte) e dall’altro ha fatto svanire l’appeal iniziale che aveva portato Renzi alla vittoria delle Europee.

Invece di fermarsi ad aspettare bisognava da un lato accelerare il tasso di innovazione e dall’altro illuminare a giorno i territori devastati di quella apocalisse antropologica per trovare quei nuovi paradigmi in grado di sostenere l’azione di una sinistra del terzo millennio.

Programma di pubblicazione.

Nei prossimi articoli ci domanderemo se è vero che non è stata fatta alcuna autocritica della sconfitta, se è vero che Renzi ci ha consegnato il peggior risultato della sinistra dal dopo guerra ad oggi, se è vero che siamo stati lontani dalle sofferenze sociali e con Renzi la povertà è aumentata, se è vero che il Jobs act ha reso piu’ precario il lavoro, che ha peggiorato le condizioni lavorative rendendo il mercato del lavoro un far west, se è vero che il PD di Renzi è stato il Partito dei banchieri, che Renzi ha sprecato risorse per aiutare le imprese, che ha tolto l’IMU ai ricchi, che ha ucciso la scuola pubblica, che ha promosso solo quelli del giglio magico, se è vero che Renzi ha voluto il rosatellum, se è vero che ha un pessimo carattere, chiuso verso gli altri, che moltissimi elettori PD hanno votato 5 stelle, se è vero che Renzi non ha avuto una linea chiara sulla Europa.

 

Letto 5179

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Enzo Puro

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Aggiornato al 31 marzo 2018

 

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