Il libro di Renzi. La teoria della "ruota quadrata"

Nello Stato non basta dare un avvio alla ruota e poi lei va, no, dai un colpo, si ferma, ne serve un altro, e poi un altro

Letto 4977
Il libro di Renzi. La teoria della "ruota quadrata"

Per chi si aspettasse un'analisi delle classi sociali in Italia, e le connessioni tra queste, l'economia, le istituzioni, il contesto internazionale, i partiti, lasci pure perdere. Questo approccio è quello cui siamo abituati noi della "sinistra storica", un approccio dove "si vede la società", se ne colgono le pulsioni, si individuano bene i fattori regressivi e i potenziali protagonisti del "cambiamento". Ma dei contenuti di questo cambiamento si vedono, quasi sempre, contorni sfumati, percorsi complessi, connessioni con mille variabili. Alla "sinistra storica" non sfugge la complessità, ma spesso ne rimane prigioniera.

Renzi non è così.

Non vorrei sembrare irriverente ma nel libro in cui parla della sua esperienza di governo, dei successi, delle sconfitte, del futuro, Renzi, più che un autorevole leader della sinistra mondiale, sembra un giovane che ha saputo fare una sapiente miscela dei valori che lo hanno formato: la cultura cattolica, arricchita dal rispetto per tanti buoni valori laici e della sinistra; la cultura dello scoutismo (formazione fisica, morale, spirituale 'imparare facendo'); la particolare formazione umana, politica, amministrativa, ricevuta dall'esperienza di amministratore locale (Presidente della provincia e poi Sindaco di Firenze).

La mia impressione è che Renzi abbia riproposto nella guida del governo nazionale, e persino nelle conseguenti relazioni con la dimensione internazionale di questa esperienza, la sua esperienza di Sindaco.

Si dirà: ma quel mondo è molto più complesso, servono strumenti, anche culturali, diversi. Forse è vero, e infatti qualche errore, anche grave, di semplificazione e sottovalutazione Renzi lo fa e lo paga.

Ma non c'è dubbio che quello sia il "piglio" con il quale si muove.

Lo si vede bene quando parla dei "cantieri" (la Salerno-Reggio Calabria, Bagnoli a Napoli, l'ILVA di Taranto, e poi il terremoto, il progetto "Casa Italia" affidato a Renzo Piano). Sa di che parla. Il Sindaco Renzi sa che se non metti insieme i "soggetti" responsabili e non gli dai obiettivi, tempi, scadenze e non li verifichi "di persona" ti incartano e in Italia ci sono mille simboli di questa incapacità di fare il Sindaco. Mi fa tornare in mente Petroselli, che dopo vent'anni di rinvii sull'apertura della linea A, chiama tutti i responsabili, ogni 15 giorni, verifica le cose da fare, chi le fa, cosa serve e la metro di Roma si apre.

Renzi fa lo stesso. I burocrati non lo "incantano", sa come possono "portarlo a spasso" per mesi, anni, tra difficoltà impreviste, ricorsi, scioperi, carte che non si trovano. Io la chiamo la "teoria della ruota quadrata", nello Stato non basta dare un avvio alla ruota e poi lei va, no, dai un colpo, si ferma, ne serve un altro, e poi un altro. Renzi la conosce. Non serve aspettare le riforme, prendersela con qualcuno che c'era prima chi vi fa venire in mente? E così Renzi non piagnucola come la Raggi, fa e aggredisce anche uno dei nodi di tante mancate realizzazioni, forse più duro della mancanza di risorse, la progettazione.

Sostiene che non vuole fare l'elenco dei mille giorni, e poi scopri però, pagina dopo pagina, che l'elenco viene fuori lo stesso. Riforme ferme da decenni, come i cantieri che ho citato, si chiudono (Unioni civili, caporalato, dopo di noi, jobs act, scuola), persino le "grandi riforme", quella della Costituzione e quella della legge elettorale.

Renzi le vince tutte tranne una, la più importante, e la connessa riforma elettorale. Perché la perde? Io credo che accada proprio perché aveva vinto tutte le altre, ogni volta isolando l'obiettivo, e isolando le "resistenze". Sulla riforma costituzionale tutti i "perdenti", diversi e lontani, fascisti, moderati, razzisti, gruppettari, hanno colto l'occasione di "colpire uniti". Qui forse l'errore: non aver capito in tempo che sarebbe accaduto questo.

Una sconfitta cocente non per Renzi, per l'Italia.

Così, racconta nel libro ma c'è n'eravamo accorti, provano ad annientarlo definitivamente ma si scopre che non è così solo, che c'è qualche milione di persone che non hanno perso la voglia di continuare a combattere per cambiare le cose. Così nel libro racconta il suo ritorno in campo.

E le sue idee per il futuro, tante, sull'economia, la P.A., ancora i diritti civili (ius soli), la giustizia (dalla parte della legge, dei magistrati, ma senza cultura giustizialista), la prevenzione (il piano di investimenti per prevenire i disastri che interesserà due generazioni), le periferie (contro l'emarginazione e per il risanamento delle città), ancora la scuola (ci sarà forse qualcosa da correggere, sbagli solo se fai, ma il disegno generale è sacrosanto; e se non si possono portare i ragazzi, soprattutto al nord, dai professori, soprattutto al sud, è anche vero che si può correggere una situazione nella quale del milione di ragazzi che fanno tempo pieno solo il 16% sono al Sud e nelle isole e così utilizzare qualche professore in più al Sud, ma per dare un servizio), l'Europa e l'immigrazione (con le posizioni che sappiamo, giuste, equilibrate), sulla sicurezza (anche qui sfatando un altro mito sulla sicurezza "di destra").

Un progetto anche per il PD, "la diga contro il populismo" come lo definisce giustamente, come grande partito di massa, che innova nell'utilizzo degli strumenti di comunicazione, ma che non rinuncia al confronto (forse anche troppo), ed a stare tra la gente, con i suoi circoli e le sue iniziative. Anzi, Renzi ricorda nel suo libro che dopo la sconfitta ha ricominciato proprio così, girando per il paese, dal nord al sud, e a ottobre continuerà su questa strada.

Insomma, un libro da leggere.

Ho dimenticato di parlare della scissione o, meglio, della "fuga" di alcuni dirigenti ed è meglio così.

Letto 4977

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