Gli incubi fanno fatica ad andar via e le favole fanno presto a scomparire

Mi sono messa tra parentesi. Un modo per prendere le distanze dal contingente, preferendo impiegare il mio tempo di impegno sociale e politico per lanciare alcuni spunti di riflessione sul ruolo e la funzione del PD 2.0

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Gli incubi fanno fatica ad andar via e le favole fanno presto a scomparire

Negli ultimi dieci giorni di passione che hanno visto il sindaco di Roma Ignazio Marino navigare a vista nel tormentato mare dell’amministrazione capitolina, Fabrizio Barca presentare una relazione dove fotografa lo stato dei circoli romani del PD, individuandone ben ventisette dannosi, ma sostanzialmente bocciandoli tutti, Stefano Fassina dare le, a lungo annunciate, dimissioni dal PD, tutti noi meritiamo di riprendere fiato e di staccarci un attimo dalle convulsioni della sinistra, o almeno da quella parte di essa che mostra, antico vizio, tutto il proprio provincialismo ed autolesionismo.

Vi sono delle situazioni che avvertiamo come “pericolose” e alle quali non riusciamo a reagire né con la fuga, né con la lotta. E in questo momento, la situazione politica romana e nazionale, porta, tanti di noi, a scegliere una sorta di immobilismo. Rimaniamo a guardare ciò che accade, sentendoci molto lontani, sia da chi prova a governare, sia da chi contesta.

Ed anche io mi sono messa tra parentesi. Un modo per prendere le distanze dal contingente, preferendo impiegare il mio tempo di impegno sociale e politico per lanciare alcuni spunti di riflessione sul compito che dovrebbe avere un partito moderno e pienamente ancorato ai tempi, e in particolare sul ruolo e la funzione del PD 2.0.

E’ evidente, infatti, vista l’ingarbugliata situazione, che i partiti, così come si sono formati e strutturati fino ad oggi, servono poco e nulla. Il più delle volte rappresentano uno spreco enorme di risorse umane ed economiche che favoriscono la crescita di pochi, promossi ed eletti a vari incarichi, a danno dei tanti (iscritti, militanti, sostenitori, simpatizzanti) il cui impegno viene mortificato quotidianamente.

Non è un caso, infatti, e non da oggi, che il numero degli iscritti e dei militanti attivi si assottigli sempre di più, mentre l’allontanamento dalle urne è ormai un fatto assodato. Scarsa anche la partecipazione a dibattiti e momenti di incontro comune, o a manifestazioni di piazza. Spazi sempre più vuoti di contenuti, in balia di parole d’ordine e slogan datati e fuori luogo. Eppure, i partiti, soprattutto per la sinistra, rimangono la base su cui si costruisce una democrazia avanzata. Tutte le altre alternative mostrano limiti e clamorosi fallimenti.

Purtroppo, oggi, i partiti vengono considerati un corpo estraneo e sostanzialmente ostile o deleterio per la collettività, e un partito che si definisce democratico, riformista e di governo, non può non partire da una riflessione seria, mettendosi completamente in discussione, per ripartire dalla riorganizzazione e dalle basi. Iniziando proprio dal classico “tesseramento” che, proprio perché ancora troppo legato alle vecchie logiche dei partiti del secolo scorso, non corrisponde più ad una reale e piena adesione al progetto politico e, purtroppo, come hanno dimostrato diversi congressi e convocazioni di primarie a Roma, ma non solo, è rimasto vittima di forme di inquinamento, di controllo di pacchetti di tessere, ed altre forme degenerative.

Per evitare questo si deve avere il coraggio di mandare in soffitta tutto l’armamentario del tesseramento, lanciando una nuova e più efficiente campagna di adesione, che sfrutti tutti gli strumenti offerti dalle moderne tecnologie. Ad esempio, l’adesione al PD potrebbe avvenire solo on-line, naturalmente prevedendo i dovuti filtri per avere la totale sicurezza sul soggetto che chiede l’iscrizione. Il richiedente, oltre ai dati anagrafici, si impegna a sottoscrivere e rispettare Statuto e Codice etico, pena l’espulsione, e dichiara le aree di interesse, cui vuole dare il proprio contributo di idee e progetti. La tessera, di costo contenuto, ma non irrisorio, viene pagata solo con una transazione elettronica, in modo da garantire totale trasparenza e tracciabilità. Limitate le deroghe a questa regola generale che dovrebbero riguardare gli studenti, i pensionati, e poche altre categorie. Solo l’iscritto ha diritto di voto nei momenti assembleari e congressuali.

A questa tipologia, bisognerebbe prevedere la figura del “simpatizzante”, che si differenzierebbe dall’iscritto solo per il fatto di non possedere una tessera e, di conseguenza, di non avere diritto di voto.

Le primarie dovrebbero svolgersi solo per le cariche elettive (presidente di municipio, sindaco, presidente di regione, presidente del consiglio) e vi potrebbero partecipare tutti gli iscritti e simpatizzanti certificati due/tre mesi prima del voto. Altri incarichi e/o l’elezione degli organismi dirigenti rimarrebbero di competenza dei soli iscritti e verrebbero rinnovati nelle assise congressuali.

Agli iscritti e ai simpatizzanti deve essere data la possibilità di interagire e dialogare, anche quotidianamente, attraverso forum, blog, newsletter, social network, piattaforme di discussione. Ma un partito rimane una comunità di donne e di uomini che ha bisogno di confronti diretti, di poter discutere guardandosi negli occhi, e per tale motivo, a cadenze periodiche, o comunque ogniqualvolta se ne avverta la necessità, verrebbero convocati incontri aperti a tutti i cittadini su temi specifici, promossi dalla base, dai dirigenti locali o nazionali.

Gli organismi dirigenti locali dovrebbero essere ridotti all’osso e con compiti puramente di coordinamento. E’ la base di iscritti e simpatizzanti ad esprimere la linea politica, ed il segretario cittadino rappresenta la sintesi delle diverse posizioni. La stessa base deve essere in grado di selezionare la classe dirigente, individuando chi è il migliore a rappresentare le istanze della maggioranza e ad avere capacità competitive nelle tornate elettorali a tutti i livelli. Bisogna finirla con l’autoreferenzialità e le dinastie familiari.

Sono poche regole chiare che eliminerebbero quasi totalmente i rischi di degenerazione e toglierebbero ogni potere di ricatto a capicorrente, capibastone e capimafia che dir si voglia. “Uno vale uno” come dice uno dei pochi riusciti slogan del M5S, e nel PD si dovrebbe dimostrare che ciò è possibile.

Non conosco la situazioni dei circoli, intesi come sede fisica, in tutta Italia, ma abbastanza bene quelli di Roma che, nella grande maggioranza, sono le vecchie sedi del PCI e della DC. Spesso sono locali insalubri, collocati in cantine o seminterrati. La mancanza cronica di fondi non ne ha mai permesso una decente ristrutturazione. Alcuni appartengono al patrimonio immobiliare del PD, altri sono in affitto, spesso con morosità che si strascinano da anni. In tutti i casi sono locali sottoutilizzati o inutilizzati. E proprio per diminuire anche i costi eccessivi per il mantenimento di strutture in cui entreranno, sì e no, dieci persone in un mese, si dovrebbe pensare ad una loro quasi totale dismissione, unificando i circoli territoriali contigui. I rimanenti dovrebbero essere trasformati in centri socio-culturali polivalenti, muniti di WI-FI libero, con sale per dibattiti e angoli di socializzazione, studio e lettura. E non mi scandalizzerei se, in alcuni casi e dove fosse possibile, si prevedesse una piccola attività di ristorazione, i cui incassi non sarebbero a scopo di lucro, ma devoluti in sottoscrizione al partito e al mantenimento della struttura.

Infine, ma non meno importante, i comitati elettorali dei candidati devono trovare spazio fuori dalle sedi del PD. Un circolo non può trasformarsi nel collettore di voti per l’uno o l’altro candidato, ne può imporre ad ogni singolo iscritto scelte e valutazioni prese in altri luoghi.

L’altro caposaldo di un partito è l’elaborazione politica. Anzi probabilmente ne è il primo, anche se, senza organizzazione, la proposta politica farebbe molta poca strada. I partiti, del resto, anche se diversamente strutturati, rimangono un’organizzazione che basa la propria esistenza sulla conservazione di un nucleo di consenso (il cosiddetto “zoccolo duro”), cercando di ampliare il più possibile gli spazi di adesione. Per riuscirci deve aprirsi all’esterno, accettando e precedendo le pressioni e le sfide provenienti dal di fuori, mettendosi senza paura in discussione, archiviando coraggiosamente le prassi e le ricette del passato, mobilitandosi al fianco della collettività.

Se ci si ferma alla semplice “conservazione” si rimane un piccolo partito di sinistra velleitario e inconcludente, che non riesce ad andare oltre allo slogan, alla frase fatta, al luogo comune. Se ci si apre al Mondo, e si ha una visione generale del pensiero e delle lotte che oggi vi si combattono, si diventa un vero Partito Democratico. E qui l’organizzazione può ben poco se non si riesce a costruire una comunità di donne e di uomini animati dal desiderio di dirigere e governare il cambiamento. Ma questo è tutto un altro capitolo.

Ci riusciremo? Secondo Walter Veltroni: “Riusciremo se romperemo steccati e allargheremo lo sguardo, se torneremo a parlare a quelle persone moderate e civili che chiedono modernizzazione, (…). Se toglieremo voti moderati alla destra, se ridaremo fiducia a coloro che vogliono astenersi. (…) Essere democratici non è il minimo comun denominatore di culture più forti ma oggi non declinabili. Essere democratici in Italia significa essere l’incarnazione di quel riformismo che ha cambiato il mondo. (…) L’Italia ha bisogno di una grande rivoluzione. L’unica possibile, quella democratica. (…) Chi, se non i democratici, può far vivere questo progetto? Gli incubi fanno fatica ad andar via e le favole fanno presto a scomparire. E’ la realtà il luogo in cui viviamo. E’ la realtà l’unica cosa che può cambiare. Se noi lo vorremo, succederà”.

E’ questa la vera anima del Partito Democratico, quella in cui hanno creduto milioni di donne e di uomini, che l’hanno votato e fondato. Chi lo contesta oggi evidentemente non ha capito, o ha capito, ma ha lavorato per boicottarlo. E questo, al di là di qualsiasi riflessione di comodo, è il vero tradimento.

060 Dati social all'8 febbraio 2016


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Bianca La Rocca

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Aggiornato al 31 marzo 2018

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