Guerriglia digitale

La strategia digitale sottovalutata se non addirittura sconosciuta dalla sinistra. In una Italia, che seppur in ripresa, non aveva ancora lenito le profonde ferite sociali provocate dalla possente crisi del 2008, sul rancore di tante persone ha, agito ampliandolo e scatenandone l’odio, una raffinatissima strategia digitale. Alcuni esempi ed alcuni fatti concreti riportati dallo splendido libro di Michele Mezza “Algoritmi di libertà”. Alla sinistra sono mancati competenze, saperi, pratiche e relazioni per contrastare questi attacchi. 

Letto 4397
Guerriglia digitale

L’Italia che a passi lenti ma decisi si avviava ad uscire dalla crisi globale del 2008 era un’Italia ancora in preda alla paura per i rischi che le famiglie avevano corso, paure che non riuscivano a ripristinare il capitale di fiducia necessario per uscire dalla difensiva e guardarsi intorno con occhio aperto e libero.

Sicuramente non aver colto questo aspetto di psicologia sociale è stato un grave limite di un Partito, il PD, che pure ha guidato dal 2014 al 2018 uno dei governi più innovatori dell’ultimo periodo della storia repubblicana.

Come ci racconta Michele Mezza in Algoritmi di libertà citando una indagine del Censis il sentimento che affiorava prepotente era quello del “rancore”, un “rancore che diventava il combustibile per ogni azione di decomposizione del senso comune e della percezione di appartenenza a un corpo sociale e culturale uniforme”.

E questo rancore, nato nella “convergenza di prostrazioni individuali e frustrazioni comunitarie, alle elezioni del 4 marzo del 2018 ha portato allo spostamento di intere regioni, come si è spettacolarmente registrato nel mezzogiorno, in favore di chiunque, nel caso specifico anche anonimi candidati dei 5 stelle, declinasse la propria avversità al palazzo”.

La tesi di Michele Mezza, suffragati da fatti concreti, è che in questa corrente in cui il rancore tirava le file dei sentimenti degli elettori si è inserita una concreta pratica di “guerriglia digitale” tesa a creare un “senso comune unidirezionale” attraverso l’uso in rete di veri e propri cecchini digitali che agivano con l’obiettivo di “ampliare il senso di rissosità e contrapposizione sociale non di gruppi o di interessi, come è sempre stato, ma di singoli o al massimo di nicchie sociali molto prossime a nuclei familiari”

La strategia è stata quella di sparare cariche possenti di odio sulle singole famiglie, aumentandone le dosi di rancore, paura e odio contro il palazzo, disintegrando la comunicazione erga omnes e mirando a condizionare individui o singole piccole comunità.

Non stiamo parlando di astrazioni ma di cose concrete che chiunque ha un po’ di dimestichezza con i social conosce benissimo. Chi ha dimestichezza con i social conosce ad esempio la possibilità per ciascuno di noi di mettere su Facebook, a pagamento, delle inserzioni commerciali (che possono essere benissimo anche inserzioni politiche) che, cosa assolutamente da mettere in evidenza, possono essere indirizzate verso la categoria di persone o verso il territorio che vi interessa (e questo perchè Facebook profila i dati che noi stessi gli forniamo o direttamente oppure attraverso quei giochini che ci paiono tanto divertenti che spesso troviamo gratis sui social, tipo “rispondi a queste domande e ti diremo che donna o uomo sei, oppure come la pensi politicamente, etc. etc.). Se vi interessano i commercialisti potete far vedere i vostri messaggi a tutti i commercialisti che usano Facebook. Se vi interessano gli elettori marchigiani, territorio dove è stato commesso uno dei più efferati delitti di questi ultimi anni, potrete indirizzare agli elettori marchigiani i vostri messaggi che solleticano la paura, il rancore la chiusura.

Michele Mezza ci porta 3 esempi di questa strategia, 3 esempi che sono stati individuati e sono conosciuti ma sostiene che queste 3 grandi operazioni sono solo la punta di un iceberg, sono solo un esempio di come ci si muoveva in rete, nella certezza che ne sono state fatte altre a noi sconosciute utilizzando quella possibilità che i social danno, a chi vuol emettere delle inserzioni, di parlare con un particolare gruppo di persone definito a monte o con chi abita nel territorio di un collegio elettorale in bilico.

I 3 casi che sono venuti alla luce sono dice Mezza, “tre apparentemente banali e pacchiane falsificazioni di notizie, colte proprio per la loro esasperazione della realtà”.

Parliamo, in primis, del caso dei sacchettini della spesa nei supermercati. Da capodanno 2018 in pochissime ore è stato montato un caso dal nulla. L’adeguamento della normativa italiana alla normativa europea sui sacchetti commerciali biodegradabili nei supermercati (una norma di civiltà tesa ad eliminare l’uso della plastica che sta invadendo le nostre città ed i mari) è stata l’occasione per una guerriglia digitale tesa ad affermare che c’erano degli inesistenti interessi personali di Renzi e di alcuni ministri nella produzione di questi sacchetti. Centinaia di BOT hanno scatenato migliaia di messaggi sui social tesi a supportare questa falsa notizia. Ed ancora nel marzo 2018 su Google c’erano 137.000 pagine dedicate al malaffare del sacchetto.

Il secondo caso, meno noto e più minimale, riguarda il definanziamento da parte del Comune di Roma del popolare carnevale romano (è indifferente ai fini del nostro discorso, anzi è paradossale, che il definanziamento è stato fatto tra l’altro da una Giunta a 5 stelle).

In rete hanno sparato questo messaggio insieme allo svolgersi invece del capodanno cinese mirando a far passare il messaggio che “per compiacere gli immigrati extracomunitari si sacrificava una tradizione nazionale a favore di una festa del tutta estranea alla nostra cultura. Più di 100.000 sono le pagine irradiate mediante una sapiente regia che ha coinvolto i collegi del Lazio, elettoralmente più contendibili”.

Il terzo caso è quello dell’extracomunitario beccato dai controllori in prima classe senza biglietto sul Frecciarossa, con tanto di foto.

In un solo giorno il post ha più di 75.000 visualizzazioni. E, malgrado la smentita delle ferrovie, l’indignazione ha continuato a montare a lungo nei collegi in bilico soprattutto del centro Italia.

Dicevamo che questi sono 3 esempi pacchiani, soltanto la punta di un iceberg, e che non sappiamo invece quanti altri sono stati filtrati nella rete e sono giunte ai destinatari scelti secondo le profilazioni offerte da Facebook o da Twitter.

Autorevolissimi esperti americani sostengono che durante la nostra ultima campagna elettorale Twitter e Facebook “abbiano continuato a produrre flussi di dark ads, di messaggi promozionali a pagamento diretti solo a specifici indirizzi o territori, favorendo la destabilizzazione del dibattito elettorale italiano. Risalendo a questi flussi si arriva ad account tipo @doctorEho744, @lucamedico, @Francosusarellu, guidati da un unico centro operativo che fa capo alla solita centrale russa di San Pietroburgo che ha lavorato a supporto delle tematiche agitate dalle liste dei 5 stelle e della Lega.

Una batteria di fuoco che ha colpito oculatamente i bersagli sensibili”

Ed anche qui ci risuona alle orecchie la frase di Putin: “chi sviluppa la migliore intelligenza artificiale governa il mondo”

E come sottolinea sempre Mezza, la stessa cifra di 2752 account chiusi da Twitter e diretti dalla centrale russa “da una idea precisa di quale sia ormai l’impegno strategico, l’investimento economico, l’obiettivo geopolitico: cambiare radicalmente il senso ed i risultati di una elezione”.

L’obiezione alla efficacia di queste strategie digitali è sempre la solita, l’intero corpo elettorale di una nazione non è condizionabile e questi aspetti della battaglia digitale colpiscono minoranze di elettori.

Questa obiezione ha un suo margine di verità. Ma non tiene conto di un fatto fondamentale: le elezioni si vincono se si riescono a spostare masse marginali di elettori ed è a questo che la guerriglia digitale punta a fare, nei collegi in bilico, utilizzando i potenti strumenti di profilazione che i social mettono a disposizione e di cui abbiamo già parlato.

“Fronteggiare questi attacchi” – conclude l’autore di Algoritmi di libertà – “significa avere competenze, saperi, pratiche e relazioni che oggi sono indispensabili per dare forza e forma a una macchina politica. Esattamente questo è mancato al Partito di governo e che invece era stato a lungo affilato nei movimenti di opposizione”.

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Enzo Puro

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Aggiornato al 31 marzo 2018

 

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