Per un pugno di cent

La lunga vicenda parlamentare dei sacchetti di plastica

Letto 5284
Per un pugno di cent

Molti ricorderanno la scena de Il laureato in cui ad un giovanissimo Dustin Hoffman l’amico di famiglia consiglia con una sola parola a cosa dedicarsi per avere un ricco avvenire: plastica. Era il 1967 ma già quattro anni prima il chimico italiano Giulio Natta aveva vinto il Premio Nobel per l’invenzione del polipropilene isotattico passato alla storia come il Moplen. Da allora sappiamo come è andata a finire e dove molta della plastica trasformata in buste di vario genere va a finire e con quali conseguenze.

Sebbene in Itala una coscienza ambientalista si sia affermata con ritardo rispetto ad altri Paesi, come si può disconoscere l’impulso dato dai governi Renzi e Gentiloni alla difesa dell’ambiente e alla green economy? Tutto risolto dunque? Certo che no e i primi a saperlo sono proprio coloro che oggi si ritrovano ad essere il bersaglio dichiarato di chi dell’ambiente, e non solo, se n’è strafregato o di chi non è riuscito a dare un seguito concreto ai suoi pur apprezzabili desideri.

In un Paese quasi collassato avere nel giro di quattro anni destinato centinaia di milioni per la bonifica delle terre dei fuochi, dei siti di Bagnoli e dell’ILVA di Taranto, inserito nel codice penale i reati ambientali, approvato la legge sulla green economy, incentivato imprese e start-up innovative e verdi, aggiornato le preesistenti norme ambientali, obbligato produttori e distributori a rendere più chiare le etichette di alimenti primari quali olio, riso, latte e farinacei e i loro derivati, varato una legge sullo spreco alimentare per i professionisti dei fake e del ditino alzato a quanto pare conta meno di zero. Tutto dimenticato.

Per loro oggi il problema dei problemi è il pugno di centesimi che nell’arco di un anno dovranno spendere (come tutti del resto) per l’utilizzo dei sacchetti di plastica. Poco importa se questa norma è inserita in un provvedimento che vuole ridurre l’inquinamento provocato dal forte consumo dei cosiddetti shoppers.

Ma l’aspetto stupefacente di questa vicenda è che nel corso del lungo e tortuoso iter parlamentare che ha portato all’approvazione di queste norme i nostri eroi non hanno fatto praticamente nulla. Strano, vero? È il caso quindi di raccontare cosa è successo partendo dall’inizio. Storia un po’ lunga ma ne vale la pena.

Il 24 gennaio 2017 la Commissione europea ha deciso di avviare le procedure di infrazione per mancato recepimento di direttive europee. Per l'Italia erano cinque tra cui la n. 2017/0127 per il mancato recepimento della DIRETTIVA (UE) 2015/720 che modifica la direttiva 94/62/CE su imballaggi e rifiuti da imballaggio integrandola con norme per ridurre l'utilizzo di borse di plastica in materiale leggero, di spessore inferiore a 50 micron, che rappresentano la grande maggioranza di quelle utilizzate nell'U.E. e sono riutilizzate molto meno di quelle di spessore superiore.

La nuova direttiva consente agli Stati membri di adottare quanto necessario per conseguire sul loro territorio una riduzione sostenuta dell'utilizzo di borse di plastica in materiale leggero. Misure che possono comprendere il mantenimento o l'introduzione di strumenti economici nonché restrizioni alla commercializzazione, purché proporzionate e non discriminatorie. Inoltre, gli Stati possono adottare strumenti economici e obiettivi di riduzione nazionali, per qualsiasi tipo di borse di plastica indipendentemente dal loro spessore.

L'Italia aveva già vietato l'immissione sul mercato nazionale dei sacchetti di plastica non biodegradabili (Legge finanziaria 2007 n. 296/2006, art. 1, comma 1130). Peccato che questa norma non sia stata fatta rispettare in modo adeguato sia per le forti proteste dei nostri produttori e sia perché contrastava proprio con la direttiva 94/62/CE. Cosa che comportò l'apertura della procedura di infrazione 2011/4030. Da allora è successo poco e niente fino a quando, doveroso ricordarlo, il governo Renzi, la cui nascita coincideva con la guida italiana della Commissione europea, ha spinto al punto da giungere all’approvazione della nuova direttiva 2015/720.

La pietra dello scandalo di questa direttiva è in questo passaggio:

Le misure adottate dagli Stati membri includono l'una o l'altra delle seguenti opzioni o entrambe:

a) adozione di misure atte ad assicurare che il livello di utilizzo annuale non superi 90 borse di plastica di materiale leggero pro capite entro il 31 dicembre 2019 e 40 di borse di materiale leggero pro capite entro il 31dicembre 2025 o obiettivi equivalenti in peso. Le borse di plastica in materiale ultraleggero possono essere escluse dagli obiettivi di utilizzo nazionali;

b) adozione di strumenti atti ad assicurare che, entro il 31 dicembre 2018, le borse di plastica in materiale leggero non siano fornite gratuitamente nei punti vendita di merci o prodotti, salvo che siano attuati altri strumenti di pari efficacia. Le borse di plastica in materiale ultraleggero possono essere escluse da tali misure.

Ora ognuno è libero di pensarla come crede, di ritenere una soluzione migliore dell’altra, ma non può certo affermare che la distribuzione non gratuita delle borse non è prevista dalla direttiva. Non può dire, insomma, che è stato il governo a introdurre questa norma. L’ha semplicemente attuata, come la Francia, ritenendola più adatta al momento, cosa che non esclude la possibilità orientarsi poi su un’altra soluzione.

La prima fase di attuazione della direttiva 2015/720 è avvenuta con l’approvazione della Legge di delegazione europea 2015 (legge 12 agosto 2016, n. 170) che al comma 2 dell’art. 4 recita:

b) divieto di fornitura a titolo gratuito delle borse di plastica ammesse al commercio.

L’articolo è stato introdotto approvando in Commissione Politiche dell’U.E della Camera l’emendamento 3.08. Bianchi, Realacci (PD). L’Aula approvò poi il disegno di legge con 309 voti a favore, 64 astenuti e 2 contrari. Solo in Senato presentato l’emendamento 4.4 Arrigoni (Lega Nord) con cui si chiedeva di escludere dal pagamento i sacchetti in materiale ultraleggero. Emendamento respinto, riproposto in Aula e di nuovo respinto. Infine, provvedimento approvato in via definitiva con 141 voti favorevoli, 35 contrari (M5s e Lega) e 42 astenuti (Forza Italia e altri). Nelle discussioni in Commissione e nelle Aule nessun riferimento ai sacchetti di plastica, neanche nelle dichiarazioni di voto.  Schede lavori Camera e Senato.

La legge di delegazione europea è una legge-delega che in genere viene approvata una volta l’anno. Recepisce i principi fondamentali delle direttive europee che diventano pienamente operative solo attraverso l’approvazione di relativi e specifici decreti legislativi i cui testi sono elaborati dal governo per essere poi sottoposti al parere, non vincolante, delle commissioni competenti di entrambe le Camere.

Per la direttiva 2015/720 il governo presentò il 14 novembre 2016 lo Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2015/720 che modifica la direttiva 94/62/CE per quanto riguarda la riduzione dell'utilizzo di borse di plastica in materiale leggero” (Atto n. 357) da approvare entro il 24 dicembre 2016. Il testo consiste nella modifica di alcuni articoli del decreto legislativo 152/2006 “Norme in materia ambientale”, il cosiddetto codice dell’ambiente.

Dopo l’illustrazione svolta il 6 dicembre in Commissione Ambiente della Camera dalla relatrice PD Stella Bianchi (pag. 215 del resoconto), le sedute successive sono andate deserte. Due settimane dopo la relatrice ha presentato una proposta di parere (pag. 121) condiviso dal Ministro dell’ambiente Galletti e approvato. Riguardo al costo dei sacchetti, nel parere favorevole si legge:

(….)  lo schema di decreto rispetta anche il secondo criterio di delega [divieto di fornitura a titolo gratuito delle borse di plastica, di cui all'art. 4, comma 2, lettera b) della legge di delegazione europea 170/2016], avendo stabilito che il loro «(...) prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d'acquisto delle merci o prodotti trasportati per il loro tramite» (…)

Il provvedimento però non è stato più approvato per attendere ulteriori chiarimenti da parte della Commissione europea sulla politica dello smaltimento dei rifiuti.

L’attuazione definitiva della direttiva 2015/720 avviene con il  DECRETO-LEGGE 91/2017: Disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno, convertito con la Legge 3 agosto 2017, n. 123.

L’iter è iniziato in Senato. L’articolo che interessa è il 9-bis introdotto nel testo base con l’emendamento 9.0.1000 del Governo poi modificato in Aula con l’emendamento approvato 9.0.1000 della Commissione Bilancio. Il decreto-legge è stato infine licenziato per la Camera con voto di fiducia. Stessa fiducia accordata dalla Camera che non ha modificato il testo provvedimento. Schede lavori Camera e Senato.

L’art. 9-bis modifica le Norme in materia ambientale del Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152  (nel link il testo aggiornato con le modifiche) agli articoli 217, 218, 219 e inserisce i nuovi articoli 220-bis, 226-bis e 226-ter. Modifiche e integrazioni che non riguardano solo il pagamento delle buste ma tutta la tematica della loro riduzione. Un’ampia spiegazione a pagina 63 della scheda di lettura del DL 91/2017.

L’introduzione delle norme sulle buste di plastica in un decreto dedicato al rilancio delle regioni meridionali si è resa necessaria per scongiurare il pagamento di diversi milioni dovuti, a seguito della procedura di infrazione. Milioni a carico dell’intera collettività, altro che i pochi euro che ciascuno di noi pagherà per utilizzare gli shoppers!

Essendo stata posta la fiducia su tutto l’insieme del provvedimento, che verteva su altre materie, nella discussione avvenuta nelle due Aule e nelle successive dichiarazioni di voto finale non è stato mai fatto cenno all’art. 9-bis. Se non da parte del deputato di Forza Italia Occhiuto che ha così liquidato la questione: “Quale idea del Mezzogiorno avete se trovate il tempo, in questo decreto, di occuparvi (…) persino delle norme sull'utilizzo delle borse di plastica e non dei diritti essenziali alla salute di venti milioni di italiani?” Come se l’inquinamento causato dalle tonnellate di plastica che finiscono nelle acque non comporti problemi per la salute.

Voto finale Senato: contrari i gruppi M5S, Lega Nord, Forza Italia, ALA (ma non c’era il partito della nazione?), GAL, Si-SEL e Federazione della libertà. Favorevoli i gruppi PD, AP, Autonomisti, Misto e MDP.

Il voto finale Camera ha visto gli stessi schieramenti: favorevoli 276, contrari 121, astenuti 3.

In Commissione Bilancio della Camera presentato un solo emendamento dal M5S per la cancellazione dell’intero articolo 9-bis. Via quindi tutte le nuove regole sull’uso dei sacchetti e non solo la parte relativa del loro pagamento. In Aula il M5S ha ripresentato lo stesso emendamento ed altri quattro simili a quelli della Lega nord, relativi all’informazione ai consumatori, tra l’altro già ampiamente contemplata nel testo.

Fine.

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Fabio Lazzaroni

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Aggiornato al 31 marzo 2018

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