Gufo contro ufo

Consenso grillino a rischio

Letto 7435
Gufo contro ufo

Pochi giorni prima di aprire a Forza Italia così parlava Angelino Alfano: “Bisogna capire da chi è fatto il centro-destra. E’ un quesito esistenziale perché, anche all’interno di quelli che si chiamano di centro-destra, si rifiuta il nome. C’è un problema di crisi d’identità enorme”. Eppure l’attuale quadro politico è l’ideale per la crescita di un nuovo germe berlusconiano: promesse impossibili, istituzioni svuotate, esigenza di sicurezza (senza nemmeno guardare Rete4). A mettere un punto fermo è comunque il Caimano, che ha indicato in Stefano Parisi il suo successore.

Nella galassia del centro-destra in perenne fibrillazione arriva un tecnico di estrazione socialista anni Ottanta-Novanta, convertito al moderatismo. Non iscritto al partito, praticamente un ufo. Un non urlatore di fiducia, estraneo a quel coro gufesco pronto a esultare per ogni notizia negativa che riguarda il Paese. Parisi è rigidamente filo-europeista, liberista e parla a tratti un nuovo linguaggio, quasi un berlusconiano 2.0: dice infatti di voler partire da “una piattaforma liberal-popolare” di contenuti. Al momento vaghi. Quella che riceve dal Caimano è un’investitura di un ruolo, anch’esso vago, di “amministratore delegato” di un nuovo partito. Che a breve potrebbe persino cambiare nome.

Su Stefano Parisi i primi giudizi interni sono stati sulfurei: rimandato da tanti, definito addirittura “confuso” da Matteoli e “modello perdente” da Salvini. Mentre Giovanni Toti, col supporto esplicito di Romani e Gasparri, tira dritto nella corsa alla segreteria.

Certo, dicendo di voler fare tabula rasa, Parisi doveva aspettarselo. Difficile comunque che Toti e i suoi colonnelli attivino la ruspa di Salvini e portino a termine una scissione. Tutto verrà rimandato al dopo-referendum, lasciando all’ufo Parisi un mandato esplorativo, un incarico quasi balneare per ricostruire, sul modello Trump e Grillo auspicato dallo stesso Caimano, senza una tipica struttura di partito. All’esordio intanto, Parisi si allinea al NO al referendum, proponendo riforme accantonate da decenni. Inevitabile che, in questo quadro amletico, Parisi abbia scarsi margini di manovra e finisca con l’agire come un flauto di vertebre del Caimano.  

Di una (piccola) contraddizione non si è accorto quasi nessuno. Uscendo dall’ospedale, il 6 luglio, il Caimano ha lanciato l’allarme: “con l’Italicum vincono i Cinque Stelle”. Dopo aver ripetuto per mesi il mantra del combinato disposto, secondo cui la vittoria del SI’ al referendum e l’Italicum avrebbero determinato un regime con a capo un uomo solo, Matteo Renzi.

Sull’incandidabilità determinata dalla legge-Severino, il Caimano dovrà aspettare per mesi il giudizio della Corte di Strasburgo. E la linea del centro-destra galleggerà così tra la convalescenza e l’inagibilità politica del Caimano, senza spingersi al di là del proprio acquario. E con le solite cozze che sguazzeranno tra i detriti. D’altra parte, sedersi al tavolo coi Cinque Stelle sull’Europa, la politica giudiziaria, il conflitto d’interessi o il reddito di cittadinanza appare al momento pura fantascienza. E non basterà certo un ufo.

La “costituente delle idee” dunque non è che una delle tante ipotesi del Caimano per raccogliere forze (non solo fisiche) in grado di far ripartire dalle macerie. Dalle politiche vinte nel 2008 alla doppia tornata elettorale del 2013-2014, il centro-destra ha perso circa 9 milioni di voti: al netto dell’astensionismo e del bradisismo alfaniano, sono in gran parte andati al Movimento cinque stelle: che, infatti, alle politiche 2013 prendeva 8 milioni e settecentomila voti. E, senza molti di questi, non si va da nessuna parte.   

Letto 7435

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Ernesto Consolo

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Aggiornato al 31 marzo 2018

 

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