Tutti contro Renzi. Ma se vince il Sì entrerebbe nella storia

D’Alema non può consentire che Renzi lo oscuri, apponendo il sigillo sulla riforma costituzionale, ed entrando nella storia del Paese

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Tutti contro Renzi. Ma se vince il Sì entrerebbe nella storia

Arriveremo al 4 dicembre, giorno del referendum costituzionale, con uno schieramento eterogeneo ma compatto per il NO; o meglio contro Renzi.

Si fa fatica ad entrare nel merito della riforma; una parte di responsabilità ce l’ha proprio chi per questa riforma si è battuto. Infatti Renzi ha fatto un errore a cui non riesce a rimediare, anche perché gli altri non glielo consentono, ha personalizzato l’esito del referendum ed ha legato ad esso il suo impegno politico e di governo.

Questo di fatto ha compattato il fronte del NO, mettendo insieme chi era contrario a questa riforma nel merito con quelli che invece, pur condividendo parti o l’insieme della riforma, vogliono mandare a casa Renzi.

La riforma risponde ai desiderata del popolo; se non ci fosse stata la personalizzazione, si sarebbe potuto definire una riforma costituzionale populista. Bene lo ha sottolineato Napolitano.

In realtà essa risponde a due necessità: efficienza dello Stato e risparmi.

Risparmi

Riforma del Senato: i senatori si riducono da 315 a 100, con un risparmio certificato dalla Corte dei Conti di 50 mln di euro l’anno (a regime anche di più, in quanto non ci sarebbero i vitalizi e retribuzioni accessorie).

I 100 senatori verrebbero eletti direttamente dagli elettori (testo base della legge sarà la proposta di V. Chiti) in occasione di elezioni regionali o comunali nel caso dei sindaci (per quelle città a cui spetterebbe la rappresentanza in senato)

Questi 100 senatori avrebbero l’immunità (mentre in assenza di riforma sono 315 i senatori ad averla).

Abolizione del CNEL: questo ente è considerato unanimemente un ente inutile, anche il fronte del NO non ne reclama la sopravvivenza. E’ un ente che in 20 anni ci è costato 1 mld di euro senza produrre alcunché.

Cancellazione delle province: le province sono previste in costituzione; sebbene con legge ordinaria siano state svuotate, con questa riforma sarebbero definitivamente cancellate.

Parliamo di 110 province con circa 3300 cariche elettive. Il risparmio diretto che deriverebbe dalla loro abolizione, con passaggio di competenze a comuni e regioni, a regime è valutabile in diverse centinaia di milioni (non quantificabili i risparmi indiretti: rischio clientele dei 3300 consiglieri provinciali).

Revisione dell’art. V: che rivede e chiarifica le competenze fra Stato e Regioni (il tanto contestato art. 70), stabilisce anche il tetto alle retribuzioni dei consiglieri regionali, che non potranno superare la retribuzione che percepisce il sindaco del capoluogo di regione.

Efficienza

La riforma del Senato mette fine al bicameralismo paritario. Responsabile, in assenza di maggioranze coese, della scarsa stabilità dei governi di questo Paese e delle estenuanti lungaggini nella produzione legislativa.

La riforma prevede una Camera (l’attuale formata da 630 deputati) che darà la fiducia al premier e avrà competenze sul 98% della materia legislativa. Ciò darebbe stabilità al governo, altri pretestuosamente invocano il rischio autoritario confondendo la stabilità con l’autoritarismo, e darebbe più efficienza (tempi e qualità) alla attività legislativa.

Ad essa si affianca un Senato, che invece avrà competenza su materie limitate, come i trattati europei e le leggi che hanno effetti sulla materia locale. In pratica un Senato delle autonomie.

Revisione del art. V della costituzione: rivede le competenze per materia, specificandole e per alcune dando preminenza allo Stato. In tal modo si tende a ridurre il contenzioso fra Stato e Regioni e ad uniformare la qualità dei servizi su tutto il territorio nazionale.

Questi i punti fondamentali della riforma costituzionale su cui il 4 dicembre saremo chiamati a votare.

Ogni persona ragionevole si domanderebbe: perché votare NO? Sono cose auspicate da tutti, non da oggi, ma da anni, decenni. Gli stessi che oggi fanno campagna per il NO, in passato auspicavano gli stessi contenuti. Di questo ne abbiamo ampia documentazione: dichiarazioni, bicamerali fallite, obiettivi dichiarati nelle varie campagne elettorali, tentativi di riforma costituzionale andati a vuoto, ecc. ecc.

Ci domandiamo allora perché c’è questo fronte del NO? Il tutti contro Renzi, o del Renzi contro tutti?

Un 20% del dissenso è costituito da quelli che dicono NO a tutto; un elettorato che fa capo al M5S che nella quasi totalità voterà contro. Le motivazioni sono diverse; tra queste l’idea prevalente è quella di aumentare l’instabilità per continuare a cavalcare l’onda del malcontento di una classe politica inconcludente.

Un altro 20% è costituito dal centrodestra e Lega, che vedono nella riforma costituzionale, che tra l’altro hanno contribuito a scrivere almeno fino al secondo passaggio in Parlamento, un rafforzamento del PD e personale di Renzi in caso di vittoria del SI.

Un altro 10% è costituito dall’estrema destra ed il dissenso di sinistra (esterno ed interno al PD). Le motivazioni di questi due schieramenti sono diverse. L’estrema destra vota contro per definizione, contro il PD. La sinistra dissenziente vota contro Renzi; contro ”il democristiano che si è impossessato del PD”. Portabandiera di questa sinistra dissenziente è Massimo D’Alema.

Quel Massimo D’Alema contrario alla nascita dell’Ulivo ed allo stesso PD; dominus del partito per oltre 20 anni, artista del logoramento e azzoppamento dei vari segretari che prima proponeva e poi “accoltellava”. Quello dei famosi 101 che silurarono Prodi, l’uomo che si frapponeva alla sua ambizione di diventare Presidente della Repubblica. Prodi sua vittima prediletta, già silurato nel 1998 sfilandogli la poltrona di Premier.

Quel D’Alema borghese di sinistra, che apprezza i privilegi del ruolo, dell’essere potente, i piaceri dell’esclusivo, che non maschera nei suoi atteggiamenti la sua grande autostima, tanto da renderlo il più antipatico fra i politici italiani.

Ecco quel D’Alema non potrebbe consentire che un ragazzo quarantenne, non uscito dalla scuola di partito (quindi fuori dal suo controllo) possa oscurare la sua aurea.

Dopo aver fatto fuori Occhetto, Prodi, Veltroni, Fassino, e chiunque si fosse messo fra lui e il potere, non può consentire che nella storia della sinistra italiana, e non solo, ci vada Renzi e non lui.

Renzi ha portato il PD nel PSE, Renzi ha fatto le unioni civili, Renzi ha fatto la legge sul dopo di noi, Renzi ha fatto la riforma del lavoro che avrebbe voluto fare lui, ma soprattutto Renzi mette il sigillo sulla riorganizzazione della costituzione italiana….questo mai!

Ecco perché proprio in questi giorni si vede D’Alema girare l’Italia, fare propaganda per il NO (in realtà contro Renzi) e non esita a dare colpi bassi. Nessuna meraviglia, dal machiavellico D’Alema, ci si può aspettare anche di più.

La sua azione danneggia il PD, il Paese? Non importa il suo ego viene prima. D’Alema non può consentire che Renzi lo cancelli dalla storia apponendo il sigillo sulla riforma costituzionale.

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Francesco Coraggio

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Aggiornato al 31 marzo 2018

 

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