L’astio non più represso del Partito di Repubblica

Enzo Puro analizza le vere motivazioni che stanno dietro l’attacco del gruppo De Benedetti a Renzi ed al PD e smonta pezzo per pezzo un editoriale provinciale e prevenuto da parte di Ezio Mauro

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L’astio non più represso del Partito di Repubblica

Ho letto e riletto l’editoriale su Repubblica del Direttore Ezio Mauro, l’editoriale delle due campane in cui si sferra un attacco al premier degno del miglior Scalfari.

Possiamo dire che con questo editoriale le due anime di Repubblica si riunificano.

E si conferma ciò che io ho sempre saputo.

Repubblica non è solo uno dei piu’ importanti giornali italiani, non è solo un vincente fenomeno editoriale ma è da sempre un think-tank che punta ed ha sempre puntato ad avere, sin dalla nascita, una forte egemonia politica e culturale sul piu’ forte partito della sinistra italiana (nelle sue diverse epifanie, si chiami PCI, PDS, DS o PD).

Ed a fianco della corazzata Repubblica operano le altre veloci imbarcazioni da guerra del gruppo De Benedetti, l’Espresso e il giornale on line diretto dalla Annunziata, direttrice anche dell’Aspen una fondazione diretta emanazione del gruppo Bildenberg.

Non sempre il maggior Partito del centrosinistra ha seguito i consigli del variegato gruppo di intellettuali raccolti in questo think-tank. E questo provoca, quando avviene, la furente reazione della corazzata e delle due navi leggere di complemento che cominciano a cannoneggiare il quartier generale.

Ed è quanto stanno facendo da mesi. Prima con la firma più prestigiosa, quella del loro vecchio Direttore, mentre l’Espresso e l’Huffington svolgevano l’efficace compito di seminare zizzania e disorientamento dentro il corpo dei militanti e degli elettori del PD (con una metodologia che io ho sempre detto simile a quella che nel primo dopoguerra usava contro il PCI lo spione Luigi Cavallo e raccontata ad Aldo Cazzullo anni fa dal Conte Edgardo Sogno).

Adesso è entrato direttamente in campo l’attuale Direttore. Che monta in cattedra e, da vero maestrino della penna rossa, assegna voti bruttissimi al PD ed a Matteo Renzi.

Il motivo è evidente. Matteo Renzi non si genuflette alla superiorità culturale della lobby debenedettiana. Repubblica non è il suo giornale di riferimento. Lo snobba. Non gli riconosce quel ruolo che per tanti anni si è ritagliato (senza che nessuno glielo avesse mai dato) di “maitre a penser” della sinistra riformista.

Possiamo pensarla come ci pare su Matteo Renzi ma è evidente a tutti (critici e suoi adoratori) che il personaggio è un personaggio che rompe con gli schemi di quel politicamente corretto che ha portato nella palude il sistema politico italiano, è un personaggio insomma politicamente maleducato che non si inchina davanti ai santuari storici della sinistra (di qualunque tipo essi siano). E’ uno che rompe gli schemi, anche quelli del Partito di Repubblica e questo è avvertito come un delitto di lesa maestà.

E l’astio lo si percepisce bene nell’editoriale di Ezio Mauro pieno a mio avviso di analisi sbagliate e di vere e proprie banalità. Un editoriale la cui tesi di fondo è stata sicuramente scritta molto tempo prima come si fa per i coccodrilli delle persone famose.

C’è molta fuffa in questo editoriale, molte affermazioni apodittiche ed indimostrabili e contro la fuffa e le affermazioni apodittiche è difficile contrapporre un ragionamento.

Ci provo su alcuni punti evidenziati da Ezio Mauro provando a smontarli.

Il Direttore dice ad un certo punto che “il trionfo di Zaia sulla Moretti in Veneto e la conquista della Liguria da parte di Toti segnalano che l'innamoramento del Nord per il centrosinistra alle elezioni europee in realtà era solo un flirt”.

Naturalmente questa affermazione è una affermazione apodittica. Basata solo su se stessa. E non tiene conto della realtà dei dati. Che per il Veneto non sono fatti solo dal trionfo di Zaia ma anche dalla forte differenza che già nello 2014, nello stresso giorno e negli stessi seggi, si manifestò’ tra elezioni europee ed elezioni amministrative in quei Comuni dove l’anno scorso di è votato.

L’anno scorso ad esempio si votò per il Comune di Padova.

E nello stesso giorno, negli stessi seggi, con gli stessi elettori il PD conquistò il 41,4% alle Europee e scese alla metà, il 24,9% alle Comunali (vinte tra l’altro dal centrodestra).

Quindi per usare l’espressione di Mauro a Padova quel giorno gli stessi elettori “flirtarono” con il PD alle europee e lo mollarono alle Comunali?

Ezio Mauro non tiene in conto due questioni.

La prima, su cui non mi soffermo, è la differenza tra voto politico e voto amministrativo con la enorme differenza di offerta come numero di liste e di candidati che si registra nelle elezioni regionali o comunali, che rende complicato affermare la vocazione maggioritaria, data l’ampiezza delle coalizioni.

Regionali2015

La seconda sfugge del tutto al Direttore di Repubblica. Erano elezioni regionali. Si votava per eleggere il Presidente della Regione. E gli elettori giudicano anche e soprattutto i candidati. E probabilmente su Zaia il giudizio degli elettori è positivo e lo hanno rivotato in massa.

Chiunque si fosse candidato del PD avrebbe perso, anche un esponente del PD meno insignificante della Alessandra Moretti.

Sulla Liguria solo tre battute: si è perso 1) per la cattiva amministrazione locale della giunta Burlando 2) per la inadeguatezza della candidata scelta dalle primarie 3) per il tafazzismo di pippetto il possibilista e del sindacalista cinese.

Se il voto alle europee in Veneto ed in Liguria è stato solo un flirt passeggero caro Direttore non ce lo può dire il voto del 31 maggio, ce lo dirà il voto politico dove il premier ci metterà direttamente la faccia e dove gli elettori valuteranno i risultati del suo governo.

Ma non contento del suo primo affondo Ezio Mauro allarga l’analisi e apoditticamente afferma “Quelle elezioni europee del 40 per cento sembrano molto lontane. Il deperimento nei numeri e nelle percentuali del Pd lo rende oggi un vincitore barcollante e incerto, con le cifre di un'astensione selvaggia che evidenziano la crepa aperta tra il Pd, Renzi e la pubblica opinione”.

Sulla lontananza del voto dal 40% alle europee ho già risposto inequivocabilmente quando ho parlato del Veneto riportando i risultati delle comunali di Padova che lo stesso giorno negli stessi seggi con gli stessi elettori hanno visto un dimezzamento dei voti al PD.

E ciò che è accaduto a Padova è accaduto in tutta Italia.

E’ accaduto a Bergamo, 43,8% alle europee e 23,5% alle comunali, è accaduto a Livorno, 52,7% alle europee e 35,2% alle comunali (e dove si è perso il Comune, prova provata che il voto amministrativo ha logiche diverse e che l’elettore sceglie razionalmente), è accaduto a Bari, 31% alle europee e 17,65% alle comunali.

Ed è accaduto in tutti i Comuni in cui si è votato contestualmente alle europee.

Sulla base di questi dati non è provata l’affermazione di Mauro che il 40% delle elezioni europee sembra molto lontano e che il PD oggi è un vincitore barcollante ed incerto.

E mi sia consentito dire inoltre che l’accenno fatto all’astensione selvaggia che evidenzia una crepa aperta tra il Pd e l’opinione pubblica mette inevidenza una debolezza culturale nella interpretazione della disaffezione al voto.

Caro Mauro l’astensionismo è certamente un fenomeno preoccupante ma non è sicuramente un fenomeno solo italiano. Riguarda tutti i paesi Europei come dimostrano le recenti elezioni in Gran Bretagna, Spagna e Francia. La sua analisi è molto provinciale ed italocentrica, guidata solo dalla necessità di portare legna alle sue argomentazioni contro il premier.

Si rivolga per una consulenza al professor Bauman con il quale voi avete una frequentazione assidua ma da cui sembra non teniate in conto la lezione che ci dice come la Politica va in crisi negli Stati nazione perché è materialmente impossibilitata a fronteggiare i poteri economici e finanziari che sono transitati lontani dai confini in un territorio extraterritoriale.

Ma non mi addentro in questa disamina perché avrei bisogno di un articolo ad hoc.

Dico solo una cosa su questo argomento.

Nei paesi in cui si è votato recentemente (Gran Bretagna, Francia e Spagna) l’alta astensione ha portato i partiti riformisti e di sinistra alla nettissima sconfitta, in termini di postazioni di governo nelle città e nelle regioni o di seggi Parlamentari come in GB.

Senza tema di smentita possiamo dire che l’onda alta della astensioni che ha colpito anche il nostro paese non ha causato nessuna perdita nel governo delle amministrazioni ed anzi la sconfitta nella piccola Liguria è stata sostituita dalla conquista della Campania, una delle regioni più popolose d’Italia.

Questo risultato in controtendenza rispetto agli altri paesi europei sarà merito del Partito Democratico, della sua politica riformatrice e della premiership? Lo riconosca e si arrenda all’evidenza dottor Mauro.

Ma il massimo della sua presunzione che dispensa bacchettate al giovinastro che non vuole baciare la mano ai vostri maitre a penser lei la appalesa quando scrive “altro che fotografarsi davanti alla Playstation dopo la lettura dei risultati, per trasmettere agli elettori un segnale di tranquillità da oratorio, che è invece un segnale del nulla, senza significato e dunque inquietante come tutte le false sicurezze”.

Capisco che la infastidisca la visione di due giovani leader che aspettano i risultati reali (e di cui probabilmente erano sicuri non fossero quelli delle altalenanti bizzarrie di Piepoli) giocando alla playstation.

Questa stupidaggine se la poteva risparmiare. Essa è la prova di una sua mancanza di serenità che non maschera certo evocando paroloni quali “popolo disperso davanti alla TV che si interrogava sul destino di questo paese” oppure “fine di una transizione eterna” e “destino della sinistra” (e qui si evince tra le righe che il destino della sinistra sarebbe luminoso se seguissero maggiormente i consigli e la linea dei maitre a penser debenedettiani.

Tutta da dimostrare poi l’affermazione che “il segretario del più grande partito italiano incredibilmente si riduce a guidare solo la sua metà di stretta osservanza e si accontenta di comandarlo invece di rappresentarlo”.

Le faccio presente che dei 7 candidati governatori nessuno era di stretta osservanza renziana anzi in passato sono stati elettori alle primarie di Bersani o di Cuperlo oppure, come Emiliano, personalità difficilmente catalogabile.

Ben poco per uno che ha l’attitudine a comandare.

Io penso invece, contrariamente a quello che Lei sostiene che il premier deve evitare di farsi risucchiare nelle polemiche continue che la minoranza della minoranza dem (perché di una minoranza della minoranza si tratta) provoca in continuazione alzando di continuo l’asticella (come si è visto nella discussione sulla legge elettorale laddove il governo aveva accolto tutte le obiezioni della minoranza rispetto alla prima proposta).

E deve parlare al paese. Senza farsi ingabbiare in discussioni sterili. Accelerando e mettendo tutti davanti alle proprie responsabilità.

E se mi permette quella cultura fondatrice del Pd non è di esclusiva proprietà dei Bersani e dei D’Alema che nel corso degli anni la hanno fatta sbiadire (le ricordo che i DS erano arrivati a rappresentare solo il 16% dell’elettorato) ma è proprietà di un mondo molto più ampio, anche di gente come me, e di migliaia e migliaia di gente come me, che da quel mondo e da quella cultura provengono e che sono di sinistra forse più della minoranza della minoranza dem.

Concludo con gli impresentabili.

Anche qui Lei compie un capolavoro di ipocrisia.

Lei parla di “molti” candidati impresentabili nelle liste del PD.

Le ricordo che i candidati del Pd erano migliaia e migliaia. E secondo la famosa illegittima black list della rancorosy gli impresentabili nelle liste del PD erano 0 (zero) e quelli delle liste civiche collegate ai candidati del Pd appena 3 o 4. Troppo poco per dire che il PD lasciato marcire una situazione inconcepibile dal punto di vista della legalità di molti candidati impresentabili.

Di cosa parla Direttore? Dell’errore fatto consapevolmente dalla Bindi che ha dichiarato impresentabile De Luca (dandolo in pasto alla stampa) con una procedura burocratica che non teneva conto della assoluzione in primo grado per un reato di 17 anni fa e del fatto che quel processo è ancora aperto perché è stato lo stesso De Luca a rinunciare a termini della prescrizione?

Chiudo qui. Non so per chi suonano quelle campane. Certamente io credo che anche per voi come per tutto il vecchio establishment, come ha scritto qualcuno, stanno già scorrendo i titoli di coda.

047 Dati social all'8 febbraio 2016


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Enzo Puro

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Aggiornato al 31 marzo 2018

 

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