L’arma per battere la corruzione? Il controllo

Poco confortanti le dichiarazioni del presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione Raffaele Cantone che indicano in Milano la capitale morale d’Italia mentre relegano Roma nell’angolo come “città senza anticorpi” contro la corruzione. Non si comprende il motivo per il quale Milano possa averli sviluppati e Roma sia destinata ad una lunga cura senza certezza dell’esito

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L’arma per battere la corruzione? Il controllo

Le infiltrazioni criminali che insistono su Milano e, più in generale, in Lombardia sono fortissime: i processi che da anni si celebrano contro i clan che hanno inquinato appalti, pubbliche amministrazioni, imprese, lo mostrano chiaramente.

Persino a pochi giorni dall’avvio dell’Expo, si è assistito ad una serie di arresti che hanno imposto l’istituzione di un sistema specifico per il controllo sugli appalti dell’esposizione universale.

Eppure l’egregio lavoro del team che ne ha predisposto e seguito le procedure di gara ha prodotto i risultati sperati.

Dovrà essere così anche per Roma…

Ed il modello andrà esteso all’intero Paese dal momento che non è più accettabile che quest’ultimo non cresca, produca ma non si arricchisca, chieda continui sacrifici ai lavoratori, imponga tassazioni insopportabili, ma non operi le necessarie censure negli ambiti in cui esse sarebbero davvero efficaci.

Arginare la corruzione significa creare le condizioni per la rinascita economica dell’Italia, attrarre investimenti, produrre nuova ricchezza, far crescere il numero dei posti di lavoro; a chiudere il cerchio, poi, dovrà intervenire una seria offensiva all’evasione fiscale.

Ecco perché l’intero Paese può e deve sperare che esista un antidoto alla corruzione, antidoto che ha un nome: controllo.

Il sistema dei controlli nella pubblica amministrazione è il nodo centrale per il suo buon funzionamento eppure risulta lo strumento più trascurato!

Non occorrono nuove norme: esistono già e sono anche molto dettagliate…

E’ necessario applicarle rigidamente e senza eccezione alcuna.

E se si volesse discutere di un’eventuale integrazione normativa, essa dovrebbe andare nella direzione di una centralizzazione della gestione degli appalti.

Il pragmatismo dell’attività amministrativa dovrà poi fondersi con il più generale concetto di Etica nella gestione della Cosa Pubblica.

Non esiste epoca che non abbia conosciuto il male oscuro della corruzione né amministrazione pubblica che possa vantare la completa estraneità al fenomeno.

Ma già pensatori e filosofi come Socrate, Platone o Aristotele, ai quali si deve la prima forte riflessione sul tema dell’Etica sia in riferimento ai singoli individui che alla collettività, procedevano ad una disamina del fenomeno indicando nella Virtù dei governanti, nella Sapienza e nell’Intelligenza la sintesi del buon governo.

Occorrerebbe ripensare questi valori in una chiave senz’altro più moderna ma ontologicamente invariata al fine di combatterne il crollo, sempre più massiccio nel corso dei secoli e causa primaria della crisi della Res Publica di ciceroniana memoria.

Proprio Cicerone, nel 70 a.C., individuando nella corruzione uno dei mali più subdoli per la Cosa Pubblica, così si esprimeva nell’orazione contro Verre: “Così muore uno Stato. Il sottrarre ad altri per sé e per la propria fazione è più contrario alla salute dello Stato che la guerra e la carestia.

In tempi molto più recenti, autori come Max Weber, hanno introdotto il principio dell’etica della responsabilità che più compiutamente definisce come debba agire colui che sceglie la Politica come professione: solo un atto di responsabilità può risolvere i dilemmi etici che il politico, o chiunque abbia responsabilità verso il prossimo, si trova inevitabilmente a dover fronteggiare.

I valori applicabili alla gestione politica sono più di uno, e tutti particolarmente importanti ed irrinunciabili, ma risiede nel dovere di giustizia il requisito essenziale dellattività politica.

(Articolo originale apparso su “Agenzia Dire”)

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Barbara Varchetta

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Aggiornato al 31 marzo 2018