WHISTLEBLOWING: da problema a risorsa

Finiamola di girarci dall'altra parte per non volerne sapere nulla.

Letto 5118
WHISTLEBLOWING: da problema a risorsa

Chi fa la spia non è figlio di Maria, non è figlio di Gesù quando muore va laggiù…… mio figlio dice di non aver mai sentito questa filastrocca, e menomale dico io; allora c’è qualche speranza che le nuove generazioni siano davvero migliori di noi.

In questi giorni in cui sentiamo costantemente parlare di corruzione, concussione, abuso d’ufficio (approvazione al Senato ddl anticorruzione) è indispensabile continuare a dialogare e mantenere alta l’attenzione su un termine abbastanza nuovo per noi italiani: il whistleblowing.

Certo la sua traduzione è alquanto inefficace ed è ancora oggi “un significante privo di significato” e sostanziarlo gioverebbe sia alla legalità che al lessico nazionale.

Per smentire una volta per tutte Longanesi quando affermava degli italiani: “quando suona il campanello d’allarme della loro coscienza, fingono di non essere in casa” dobbiamo cominciare ad assumerci la piena responsabilità della realtà che ci circonda ed accollarci l’onere di denunciare ogni comportamento illecito.

Nel nostro Paese non ci si indigna abbastanza quando qualcuno supera un ingorgo autostradale sulla corsia di emergenza o parcheggia negli spazi riservati agli invalidi, né per la microevasione fiscale che tocchiamo con mano tutti i giorni, e se questo vale per ciascun cittadino, finisce per valere anche per l’intero paese per i fatti più gravi, e da qui si spiega anche l’indifferenza per la pratica del whistleblowing.

Dobbiamo entrare nell’ottica di considerare le persone che denunciano fenomeni di corruzione come persone da ringraziare poiché aiutano a migliorare la nostra società e per questo motivo vanno incoraggiate e protette da ogni possibile ritorsione.

Il Global Corruption Barometer 2013 (Transparency International) rileva che il 44% degli italiani non sarebbe disposto a fare “soffiate”. Nel Regno Unito, dove il whistleblowing è stato riconosciuto dal legislatore già nel 1998, i sondaggi indicano che il 72% dei lavoratori inglesi considera il termine in maniera positiva o neutrale.

In alcune Amministrazioni Pubbliche (Agenzia delle Entrate, Comune di Milano) sono state attivate procedure specifiche di segnalazione di eventuali illeciti e prassi amministrative che causano un danno alla collettività o sperpero di risorse.

L’Agenzia delle Entrate ha manifestato un impegno notevole su tale tema prendendo in considerazione anche segnalazioni anonime e prevedendo una serie di misure che tendono ad agevolare maggiormente i propri dipendenti nel segnalare i comportamenti illeciti di cui vengono a conoscenza.

“Il sonno dell’etica non ci è consentito, così come non ci è permesso di optare per un sentimento d’onestà magari a tempo determinato, o peggio, a intermittenza”.

Come cittadini non possiamo che auspicare che la parte sana dei dipendenti pubblici (la stragrande maggioranza) si senta finalmente protagonista del cambiamento culturale, si senta responsabilizzata e motivata ad agire per il bene comune e per migliorare la qualità della vita di tutti.

Considerando che il nostro paese continua a occupare i posti più alti nella classifica della corruzione “percepita”, è evidente la necessità di strumenti che aiutino a contrastare tale fenomeno. E’ necessario potenziare ogni strumento, superando gli attuali limiti con maggiori garanzie dell’anonimato, ma anche con l’introduzione di incentivi adeguati che sappiano davvero rendere l’onestà più proficua del malaffare.

Il caso italiano di Enrico Ceci è abbastanza emblematico quando dichiara: “Purtroppo, per il Sistema Italiano rappresento un problema: mi sono ribellato”.

Transparency International, nel suo Report 2012, lo ha considerato come l’unico whistleblower italiano in ambito privato. Una sorta di “grillo parlante” degli anni duemila”.

Non facciamo che rimanga ancora l’unico!

030 Dati social all'8 febbraio 2016


Letto 5118

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Patrizia Lombardo

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Aggiornato al 31 marzo 2018

 

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