Cercavamo giustizia, abbiamo incontrato la legge

La città ideale è solo un’utopia rinascimentale. Non a caso è rappresentata sempre disabitata. Una città migliore invece può e deve esistere ed a questo il PD deve lavorare

Letto 4181
Cercavamo giustizia, abbiamo incontrato la legge

Ho scritto tante di quelle volte di infiltrazioni mafiose e della presenza di pericolose organizzazioni criminali nella Capitale e nel Lazio, e molto tempo prima che scoppiasse il bubbone di mafia Capitale, che ormai l’argomento mi è venuto a noia, anche perché constato che il radicale cambiamento di cui avrebbero bisogno partiti politici e amministrazioni, tante volte evocato, sempre più spesso, si traduce in un mutamento puramente di facciata, senza affrontare a fondo una questione che va molto oltre la specificità giudiziaria.

Non mi soffermerò sullo stillicidio di notizie che ci ammorba da settimane, sull’indicibile delle intercettazioni, sugli appalti inquinati, sui bandi di gara truccati. Sono argomenti ampiamente trattati da tutti i mezzi di informazione, con corollari di pensieri e retroscena che lasciano il tempo che trovano. Ribadirò solo pochi concetti. I fatti cui si riferisce l’operazione Mondo di mezzo, partita il 2 dicembre scorso e di cui, il 4 giugno, abbiamo assistito alla seconda tranche, coinvolge quasi totalmente l’amministrazione di centrodestra insediatasi al Campidoglio al seguito della vittoria di Gianni Alemanno, indagato per il 416bis. Ma nella rete della mafia capitolina sono rimasti impigliati anche diversi esponenti del centrosinistra romano ed in particolare il PD.

Questo è accaduto perché non siamo di fronte alla solita operazione antimafia dove, dopo mesi o anni di indagini, intercettazioni, pedinamenti, colpisce il gruppo violento e/o imprenditoriale di un clan con nomi noti alle cronache giudiziarie, ma ci troviamo in un territorio scivoloso fatto di nomi al di sopra e al di sotto di ogni sospetto. Ex-terroristi neri e rossi, criminali incalliti, politici e amministratori, cooperative, imprenditori, forze dell’ordine, alti funzionari. Insomma, un cupo gioco di guardie e ladri, dove si collabora e ci si accorda per soddisfare interessi privati con il denaro pubblico e, cosa ancora più grave, sfruttando e strumentalizzando il disagio, la povertà e la disperazione, fossero questi rom, immigrati, rifugiati politici, periferie degradate.

Un gruppo criminale/imprenditoriale che aveva la forza di creare il problema e di imporre la soluzione che tornasse più vantaggiosa alle loro tasche, che maneggiava fiumi di denaro nel mare della disperazione creata dalla crisi economica e senza che qualcuno abbia mai avuto dei sospetti, fino a quando non è arrivata la Procura, che giungeva baldanzosa in ogni luogo di lacrime per gestire tutto ciò da cui lo Stato si è da tempo ritirato, che annotava nomi e appuntamenti, cui corrispondevano favori dati e soprattutto ricevuti.

Oggi tutti, o quasi tutti, prendono le distanze da quel periodo e proclamano la propria innocenza. Dal punto di vista puramente giudiziario è sicuramente giusto. Non sono mafiosi i romani, non lo sono Nicola Zingaretti e Ingrazio Marino, gli assessori e i consiglieri comunali, e non lo è il PD. Dichiarare il contrario è solo una semplificazione o, peggio, un’affermazione strumentale che solo personaggi che ignorano il problema, o sono in malafede possono fare.

Ma tutto questo, non basta ad assolvere il centrosinistra, e in particolare il PD, reo di avere, per troppo tempo, adottato l’atteggiamento delle tre scimmiette che non vedono, non sentono, non parlano, quando purtroppo già si sapeva o s’immaginava quasi tutto.

Dall’altra parte, è anche vero che pochi sono stati, in questi anni, quelli che hanno lanciato l’allarme, il più delle volte inascoltati, su carriere politiche sospette, fatti di criminalità più o meno gravi, abusivismi di vario tipo, consumo di droghe e alcol, invadenza del gioco d’azzardo, lavoro nero, usura, estorsione, prostituzione. Molti, invece, quelli che si sono voltati dall’altra parte, o peggio ancora, hanno accusato i pochi di “inutile” o addirittura “pericoloso” allarmismo.

Magistrati e forze dell’ordine possono combattere a colpi di codice penale la mafia e i reati ad essa connessi, ma nulla possono contro la disgregazione morale e sociale che ha colpito tutti i partiti e non solo a Roma e, soprattutto, un partito non può lasciare alla sola magistratura il compito di selezionare una classe dirigente. Se ciò accadesse sarebbe veramente la morte della democrazia.

Questo ultimo punto è ciò che, al netto delle carte giudiziarie, ci riguarda tutti da vicino e che chiama in causa la cosiddetta società civile, sia essa organizzata in associazioni, sindacati o partiti, che si è limitata, troppo spesso, a pronunciare parole apprezzabili dal punto di vista etico, ma scritte sull’acqua.

In questo momento il PD è commissariato sotto la responsabilità del Presidente Matteo Orfini. Matteo Renzi, sebbene sia giunto molto dopo i fatti di corruzione e deterioramento del PD romano, difende l’onorabilità di Zingaretti e Marino, e fa bene. Il tesseramento è stato azzerato, si ripartirà a breve e su basi nuove che, ci auguriamo, non siano cambiamenti puramente formali.

Ma è la Politica, nel senso più nobile e alto di governo della Polis, che deve riacquistare il suo ruolo e lo deve fare al più presto.

E’ evidente, ormai da tempo, che i cittadini romani vivono male e non solo per la presenza della criminalità che, giorno dopo giorno, erode spazi di legalità e peggiora la qualità della vita, ma anche perché, nel giro di pochi anni, sono stati destrutturati, vuoi per la crisi economica, vuoi per scelte amministrative scellerate, tutti i presupposti sociali che rendono un territorio non solo più sicuro, ma più bello da vivere.

La qualità della vita è un bene prezioso e, come dimostra bene la situazione romana, non può essere gestito come emergenza o, peggio ancora, come un problema di ordine pubblico, ma servono impegni sociali di ampio respiro.

Affermarlo come è stato fatto fino ad oggi, non è più sufficiente. E’ arrivato il momento di mettere in atto una serie di provvedimenti non per lottare contro i poveri e i diseredati spinti ai margini, come vorrebbe la destra, ma per arginare la povertà e le cause che la provocano. E, nelle situazioni date e per ottenere dei risultati qualificati sul lungo periodo, dobbiamo imparare a fare tanto con pochi soldi, e l’unico modo per riuscirci è investire nel capitale umano, di cui Roma, la società civile e il Partito Democratico sono ricchi. Sono risorse preziose, ma disperse e umiliate dalla malapolitica, che il Partito Democratico deve essere in grado di valorizzare e mettere in rete.

La città ideale è solo un’utopia rinascimentale. Non a caso è rappresentata sempre disabitata. Una città migliore invece può e deve esistere. Stipuliamo un nuovo patto di collaborazione tra amministrazione e cittadini, rilanciamo un progetto complessivo di città, chiamiamo a lavorare le risorse e le menti migliori per il bene della Capitale, abbandoniamo le vecchie logiche assistenzialistiche cui sembra tanto affezionata una certa sinistra. La Legalità diventi il faro che illumina ogni atto di un’amministrazione credibile in cui non possono esistere terre franche.

Non abbiamo molte alternative, anzi, molto verosimilmente, è l’unica che abbiamo.

052 Dati social all'8 febbraio 2016


 

Letto 4181

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Bianca La Rocca

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Aggiornato al 31 marzo 2018

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