Lavoro 2.0 - Lo Smart Working per cambiare il lavoro

Incrementare la produttività favorendo la conciliazione dei tempi vita-lavoro. Sembra impossibile, ma non lo è, anzi, oggi è realtà!

Letto 4873
Lavoro 2.0 - Lo Smart Working per cambiare il lavoro

Il futuro dell’organizzazione del lavoro passa necessariamente da un cambiamento di mentalità: ripensare il lavoro in un’ottica intelligente, mettendo in discussione i tradizionali vincoli legati a luogo e orario, lasciando alle persone maggiore autonomia nel definire le modalità di lavoro a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati. Questo principio ha spinto molte aziende private, anche in assenza di un quadro normativo di riferimento, a sperimentare con successo una nuova forma di lavoro flessibile chiamata smart working (lavoro agile).

A quale lavoratore non piacerebbe ridurre i tempi di spostamento casa-lavoro, recuperando un migliore equilibrio tra lavoro e vita familiare; essere libero di lavorare in qualunque ambiente e non costretto su postazioni di lavoro a volte male illuminate o in ambienti condivisi dove concentrarsi diviene difficile? Insomma a chi non piacerebbe poter gestire il proprio tempo, essere direttamente responsabile del proprio lavoro potendo esprimere tutta la creatività, la competenza e contribuire a diminuire i costi aziendali addirittura incrementando la produttività?

Tutto questo è lo smart working: una modalità di lavoro innovativa che ha alla base l’utilizzo delle nuove tecnologie e la flessibilità, in modo particolare di orari e di sede.

I dati riportati da uno studio del Politecnico di Milano, dimostrano che lo smart working in Italia sta cominciando a prendere piede: nel 2014 solo l’8% delle grandi imprese utilizzava lo smart working, nel 2015 sono diventate il 17%. Il Report dimostra che l’adozione di questa forma di lavoro flessibile porta notevoli vantaggi non solo per i lavoratori che, si sentono più soddisfatti e motivati, ma soprattutto per le aziende (la produttività dei lavoratori aumenta; si riducono i costi di gestione dello spazio fisico; il tasso di assenteismo si riduce in modo significativo). L’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano stima che l’adozione di pratiche di smart working in Italia potrebbe significare 27 miliardi in più di produttività e 10 miliardi in meno di costi fissi.

Ma allora perché sono solo poche le aziende che lo utilizzano? E’ solo un problema di approccio al lavoro e di mentalità?

No. In Italia la normativa vigente che supporta questa forma di lavoro flessibile è quella del telelavoro che oltre ad essere rigida e restrittiva non tiene conto dell’evoluzione degli strumenti tecnologici a disposizione e espone l’impresa interessata all’utilizzo di questa modalità lavorativa a costi e rischi troppo elevati, ad esempio in materia di sicurezza sul lavoro.

E allora ci dobbiamo rassegnare ad essere sempre il fanalino di coda?

Anche qui la risposta è no! E’ notizia di questi giorni che il Governo ha presentato un ddl collegato alla Legge di Stabilità 2016 che in 9 articoli disciplina le prestazioni dei lavoratori dipendenti fuori azienda e contribuendo a rimettere le imprese italiane in concorrenza con quelle di altri Paesi.

La proposta di legge supera le rigidità dell’attuale sistema e dà vita ad uno strumento altro rispetto al telelavoro, con caratteristiche e obblighi (sia per il lavoratore che per il datore di lavoro) propri, incentivando il passaggio culturale nella concezione del lavoro. Non si parla più di lavoro “a timbratura del cartellino” ma di lavoro per obiettivi, dove al lavoratore viene riconosciuta ampia libertà di auto-organizzarsi a patto che porti a termine gli obiettivi stabiliti nelle scadenze previste.

La legge interviene su tutta una serie di materie (diritti, privacy, infortuni e retribuzione) e costituisce inoltre una norma-cornice che lascia spazio alla contrattazione collettiva e individuale.

I requisiti sono l'esecuzione della prestazione fuori dai luoghi aziendali, anche solo in parte, la possibilità di usare strumenti tecnologici per svolgere il lavoro in remoto e l'assenza di una postazione fissa anche fuori dai locali aziendali.

Il principio affermato dal ddl è la volontarietà a sua volta regolata da un accordo scritto fra le parti, nel quale siano definiti modalità e utilizzo dei device tecnologici. L'intesa deve indicare anche le fasce orarie di riposo. Il lavoro agile può essere a tempo determinato o indeterminato, ma si può recedere solo per giusta causa o con un preavviso non inferiore ai 30 giorni.

Per quanto riguarda la retribuzione, il trattamento economico e normativo non deve essere inferiore a quello degli altri addetti che operano in azienda. I controlli del datore di lavoro devono restare nell'ambito dell'accordo individuale o nel rispetto della legge sui controlli a distanza.

La proposta di legge predispone un nuovo impianto in materia di sicurezza sul lavoro incentrato principalmente sull’informazione e sulla prevenzione, attraverso la fornitura di strumenti informatici adeguati ma soprattutto configura lo smart working come strumento e non come tipologia contrattuale, con lo scopo di renderlo utilizzabile da tutti i lavoratori che svolgano mansioni compatibili con questa possibilità, anche in maniera “orizzontale”: qualche pomeriggio a settimana, tre ore al giorno, tutte le mattine, a seconda dell’accordo raggiunto tra datore di lavoro e lavoratore.

Si risolve così una delle rigidità del telelavoro ovvero il rischio di esclusione del lavoratore dalla vita dell’azienda e, a volte, la limitazione o riduzione della possibilità di carriera.

Per dare un immediato impulso alle aziende all’utilizzo dello smart working il legislatore, inoltre, prevederà degli incentivi fiscali alle aziende che adottano la modalità di lavoro agile.

Con ogni probabilità la norma tra poco sarà approvata e, a quel punto, le aziende italiane sapranno raccogliere la sfida?

109 Dati social all'8 febbraio 2016


Letto 4873

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Sandra Pagani

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Aggiornato al 31 marzo 2018

 

 

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