RIFORMA del CATASTO: tutta la verità

Provo a sfatare gli inutili allarmismi e a spiegare perché la riforma è necessaria per riequilibrare la tassazione sugli immobili. Le simulazioni lo dimostrano

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Una riforma complessiva del catasto è necessaria per rendere la tassazione sugli immobili equa. Oggi non lo è! La rendita catastale è figlia di una normativa di be 76 anni fa, parliamo del 1939.

La riforma, per restituire imparzialità, prevede di abbandonare la logica del vano come unità di misura della tassazione (attuale rendita catastale) e di adottarne una nuova: il metro quadro tenendo in considerazione la correlazione del valore dell’immobile alla localizzazione e alle caratteristiche edilizie dello stesso (prezzo di mercato).

Sono quasi 73 milioni le unità immobiliari in Italia delle quali circa 63,5 milioni hanno la rendita (vedi la ricerca in fondo alla pagina), e su queste si pagano le tasse, in varie forme: quelle locali, cioè TASI e IMU (per le quali la rendita delle abitazioni deve essere moltiplicata per 5% e poi per 160), e quelle nazionali, cioè Imposte su Reddito, Successioni e Donazioni, Registro, Ipotecaria e Catastale (in alcuni casi la rendita delle abitazioni deve essere moltiplicata per 5% e poi per 110).

Sul totale delle unità immobiliari il 54,5% sono abitazioni di cui l’88,3% sono inserite nelle categorie A/2 (Civile), A/3 (Economico) ed A/4 (Popolare), quindi ci concentriamo su queste.

La rendita di ciascun immobile è facilmente reperibile inserendo il proprio codice fiscale a questo link.

Si può anche consultare il valore di mercato inserendo semplicemente l’indirizzo a questo link.

Da questa facile comparazione ciascuno può dedurre la differenza che esiste fra la rendita catastale (rivalutata) ed il più alto, e corretto, valore di mercato.

E ciò è ben noto, tanto è vero che la Legge 311 del 2004 (oggi legge di stabilità, allora si chiamava “Finanziaria”) ha previsto la possibilità per i comuni di chiedere la revisione del classamento e della rendita catastale degli immobili ubicati in zone che presentano un significativo scostamento fra valore medio di mercato e quello medio catastale. Questa attività ha portato, dove effettuata, ad un notevole incremento delle rendite catastali ma ha causato una sperequazione fra i comuni che l’hanno adottata rispetto a quelli che non ne hanno usufruito (Comunicato Stampa del 18 giugno 2015: Riclassamento catastale degli immobili. I risultati di 10 anni di collaborazione per un Catasto più equo).

Si è proseguito nell’adeguamento legislativo nella Finanziaria dell’anno successivo (Legge 266 del 2005) dove è stato previsto l’obbligo, per gli atti di compravendita delle abitazioni fra privati, di dichiarare il corrispettivo pattuito ma senza modificarne la base imponibile per la tassazione, che rimane la rendita catastale.

Questa differenza non è identica per tutte le abitazioni. In alcuni casi è minima, in altri elevata. L’esempio più lampante è quello fra gli immobili attualmente inseriti nella categoria “popolare” ed ubicati nei centri storici (sottovalutati) rispetto a quelli di categoria “civile” delle periferie (sopravalutati).

La curiosità di comprendere come e dove agisce questa differenza mi ha spinto a fare una simulazione. I dati da utilizzare si trovano sul sito dell’Agenzia delle Entrate a questo link.

Ho utilizzato le “Statistiche Catastali”, con l’aggiunta delle tariffe catastali reperibili nella procedura “Docfa”, per le rendite catastali e, le “Note Territoriali”, che riguardano 19 comuni, per i valori di mercato.

La simulazione risultante non può che essere sommaria e indicare una tendenza.

Servono ulteriori dati, competenze diffuse e conoscenza approfondita dei vari territori, tutti diversi fra di loro, per avere un quadro più preciso: per calcolare l’invarianza di gettito è necessario conoscere lo stock immobiliare suddiviso sia per zone censuarie che per zone OMI. Non disponendo di tali dati l’indice di riequilibrio risultante è stato considerato come se le unità immobiliari siano distribuite in maniera identica in tutte le zone.

Ulteriori note tecniche, per coloro che sono un po’ più esperti, possono essere richieste al mio indirizzo mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

Quando nei giorni scorsi si è scatenato un allarmismo, ingiustificato, sulla “Riforma del Catasto” mi sono stupito, dato l’interesse generale (forse non proprio generale, visto che chi possiede immobili prestigiosi ci perderà) a sanare lo squilibrio esistente e conosciuto a tutti.

L’idea che si stava diffondendo, quella di un aumento delle imposte, ha spinto il Governo a rinviare la revisione al momento che si rivedrà il sistema generale di tassazione, a partire dalla cosiddetta “Local Tax”, che dovrà essere legata alla proprietà immobiliare, più facilmente individuabile e circoscrivibile sul territorio.

Ciò avverrà, speriamo, già dalla prossima “Legge di Stabilità”, cioè a dicembre prossimo.

Restituire equità alla tassazione sugli immobili è dunque una riforma necessaria e non più procrastinabile.

062 Dati social all'8 febbraio 2016


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Manrico Macilenti

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Aggiornato al 31 marzo 2018

 

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