Lettera aperta al Sindaco Marino

Caro Sindaco Marino, lei ha scritto una lettera aperta ai romani ed è bene, a mio parere, che qualcuno dei “romani e delle romane” a cui lei si è rivolto le risponda. In particolare, qualcuno che ha molto creduto nella sua sindacatura tanto da candidarsi “in suo nome”, ma che, a conclusione del suo mandato, è molto delusa dalla prova pubblica che lei ha dato

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Lettera aperta al Sindaco Marino

In primo luogo lei ha dimostrato di non essere in grado di aprirsi alla città. Questa sappiamo tutti che non è la sua città - forse lei è apolide o meglio cittadino del mondo e questo di per sé è un bene - ma il suo piglio da moralizzatore le ha impedito di “fare corpo” con Roma o meglio con una grande fetta di cittadinanza, che infatti non è proprio andata a votare. E non solo “per colpa della politica”, ma perché lei non è riuscito ad entusiasmare e a convincere prima, a dialogare poi.

C’è del marcio a Roma, certo, ma un sindaco è innanzitutto dentro la città, non al di sopra della città e quindi, se avesse voluto entrare in sintonia con essa, avrebbe dovuto comunque essere in grado di farne parte, anche quando l’ha castigata, anche quando ha denunciato e preso provvedimenti contro il malaffare che vi alligna. Non giudice, ma componente partecipe e preoccupata, dispiaciuta e attiva.

E invece niente di questo sentimento di intima partecipazione sofferta è emerso dalle sue parole e tantomeno dalle sue azioni, ma spesso un certo malcelato disprezzo e un distacco, reso palese dai suoi continui allontanamenti.

Per manifestare sul piano dell’azione politica questa simpatia, etimologicamente intesa, è necessario essere persone colte e sofisticate, più colte e sofisticate intellettualmente della media.

Sembra facile “stare in mezzo alla gente” - a proposito, non è certo insultando i neuroni dei propri interlocutori che si ottiene questo effetto - ma non lo è affatto. E’ anche lì che si vede il buon politico.

Non mi riferisco all’acquiescenza passiva nei confronti del volere popolare - o meglio dell’opinione pubblica che si forma ormai grazie all’influenza del sistema mediale - ma alla capacità di ottenere consenso e saperlo orientare per le giuste cause, in base ad una gerarchia delle priorità comprensibile ai più e facilmente comunicabile.

Il consenso - che è sembrato farle tanto schifo probabilmente non perché lei faccia parte dei salotti buoni della società radical chic romana, ma piuttosto di quella irriducibile e integralista in giacca e cravatta, che pure esiste - le è indispensabile per governare; segnare il suo distacco, invece che la sua vicinanza, è stato il suo più grande limite, umano prima che politico. Ma le due cose vanno di pari passo.

Chi si candida a governare la città, deve innanzitutto essere in grado di avere con essa una relazione sentimentale, che le ripeto, è una dimensione molto sofisticata.

Politicamente, lo si fa passando per l’efficienza amministrativa: anche se lei non è direttamente responsabile dei funerali o degli scioperi dell’Atac, si faccia una ragione del fatto che risulta esserlo; per una consapevole gestione del sistema integrato dei media, dal quale promana e grazie al quale si costruisce la sua immagine pubblica: lasci perdere di insistere sulla sua professione di chirurgo, nel momento in cui decide di essere amministratore e politico perché è solo controproducente e si oppone alla creazione di un senso di rispecchiamento e di appartenenza; per approdare alla definizione di “un’impronta” specifica della sua azione di governo che possa renderla riconoscibile positivamente: per adesso lei ha fatto il giustiziere, ma non ha conferito alcuna connotazione positiva alla città, anzi solo negativa.

Questo atteggiamento, cognitivo e culturale prima che politico, le avrebbe sicuramente impedito di fare le figuracce planetarie che ha fatto e di dare l’impressione di non accorgersi nemmeno di questioni macroscopiche, come la dichiarata ostilità dei vertici del suo partito, che infatti l’hanno suicidata sulla buccia di banana degli scontrini.

Che le piaccia o meno, gli scontrini, dopo il M5S, sono diventati un tema sensibile e la sua apparente disinvoltura ha confermato l’impressione di un atteggiamento distaccato, autoreferenziale e quasi autistico nei confronti della realtà che è sembrata rotolarle addosso.

Caro ex-Sindaco, spero tanto che la “lezione” le sia servita se vorrà continuare a fare politica, anche se sulla nostra pelle, nostra dico di chi, come me, ci ha creduto al punto di metterci la faccia.

Ma la sua parabola dovrebbe essere di monito ed esempio anche per questa poco civile cittadinanza che faticosamente va ri-costruita e, purtroppo, non è emulando il suo atteggiamento e comportamento che lo si potrà fare, ma con un approccio inclusivo, che stimoli il senso di appartenenza e di partecipazione.

Cordialità

Maria Squarcione

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100 Dati social all'8 febbraio 2016


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Aggiornato al 31 marzo 2018

 

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