Comunicazione al centro della lotta politica contemporanea. La sinistra non lo ha capito

In questo articolo provo a ribaltare le idiosincrasie della sinistra verso la Comunicazione e le narrazioni. Senza una adeguata capacità comunicativa non si conquista il Potere (sì il Potere!) e senza Potere le cose non possono essere cambiate in meglio. Basterebbe studiare un po’ di più come funziona il nostro cervello e la nostra lingua. Costruire controframing. Due esempi

Letto 7631
Comunicazione al centro della lotta politica contemporanea. La sinistra non lo ha capito

La Comunicazione è a mio avviso al centro della lotta politica contemporanea, con buona pace di coloro che, quando sentono parlare di comunicazione storcono il naso e mettono mano alla pistola (soprattutto nella sinistra nostalgica).

Oggi, inizio del XVII anno del terzo millennio, piaccia o non piaccia, la Comunicazione si intreccia con il Potere.

E senza Potere il mondo non può cambiare né in meglio né in peggio.

Quindi una sinistra che voglia cambiare davvero il mondo o quantomeno migliorarlo in maniera notevole inverando i suoi valori fondanti, deve dotarsi di una strategia efficace per la conquista democratica del Potere attraverso la conquista del consenso dei cittadini.

Manuel Castells, il grande sociologo Catalano che sul rapporto tra Comunicazione e Potere ha scritto parole definitive, ci spiega che “il Potere è la capacità relazionale che permette a un attore sociale di influenzare asimmetricamente le decisioni di altri attori sociali in modo tale da favorire la volontà, gli interessi e i valori dell’attore che esercita il potere.”.

E che oltre alla coercizione l’altro meccanismo di formazione del potere è il discorso, costruzione di significato condiviso, definizione di ciò che è valore, insieme di linguaggio, valori e cornici interpretative che inquadrano l’azione umana” (Gramsci chiamò tutto questo capacità di esercitare egemonia ma non aveva gli strumenti che abbiamo noi per rendere espliciti il modo in cui si forma).

Il Potere quindi è basato sul controllo del “discorso” e cioè quindi delle tecniche attraverso cui si forma il discorso che sono per lo più tecniche di Comunicazione.

La struttura e la dinamica della società hanno al centro perciò il potere della Comunicazione. E quindi, come dicevo all’inizio, la Comunicazione sta al centro, vi piaccia o non vi piaccia (se non vi piace non potete comunque farci nulla) della lotta politica.

Naturalmente è sempre stato così ma il ruolo della Comunicazione nella lotta politica e sociale non era un tempo così evidente, perché si esplicava in una società meno complessa e meno prismatica della attuale, una società in cui bastava fare un manifesto con scritto sopra “pane e lavoro” per trascinare milioni di persone.

Ma soprattutto essendo il processo di Comunicazione, come ci spiega sempre Castells, “definito dalla tecnologia della comunicazione, dalle caratteristiche dei mittenti e dei destinatari dell’informazione, dai loro codici culturali di riferimento, e dalla portata dei processi di comunicazione“ è evidente la profonda differenza con un passato che i nostalgici di sinistra continuamente rimpiangono, differenza dovuta soprattutto alla digitalizzazione delle informazioni frutto della profonda, sconvolgente, e ormai non più reversibile (sono addolorato nel dare questa notizia ai suddetti nostalgici) rivoluzione tecnologica avvenuta al volger del millennio, ma dovuta anche, quella differenza, al fatto che oggi “le attività centrali della vita umana sono organizzate da reti: le reti dei Mercati finanziari; quelle della produzione e distribuzione di beni e servizi; della scienza, tecnologia, istruzione universitaria; dei  mass media, reti della cultura, arte, spettacolo, sport; della religione; della economia criminale; delle istituzioni internazionali che gestiscono l’economia globale e le relazioni intergovernative; delle ONG e dei movimenti sociali” e naturalmente di Internet, la rete delle reti.

La caratteristica fondamentale di queste reti consiste nel fatto che sono tutte reti globali per cui, altra profonda differenza rispetto al passato, mentre la gran parte della esperienza umana è locale, legata al territorio la struttura sociale che questo insieme di reti globali crea è una struttura sociale globale (un grande sociologo, Arjun Appadurai, ha parlato di comunità diasporica per le comunità immigrate, ma questo è un altro discorso che ci porterebbe lontano).

Sta in questa complessità il ruolo più evidente della Comunicazione nella conquista del Potere (ammesso che la sinistra voglia conquistare il Potere e non solo svolgere un ruolo di contenimento del potere degli altri spaventandosi di esercitare il ruolo riformista del governo).

E la sinistra è in estremo ritardo nel comprendere il rapporto stretto che esiste tra Comunicazione e conquista del Potere e non si è ancora impossessata (guardandole anzi con estrema diffidenza) delle raffinate tecniche che da anni invece il potere dominante (non solo quello politico conservatore) utilizza (da Reagan ai neocons di Carl Rove).

Tecniche che fanno tesoro dei più avanzati studi di linguistica cognitiva ma soprattutto di una conoscenza del nostro cervello che negli ultimi 20 anni ha avuto una implementazione impressionante traducendo in fisicità quelle che erano un tempo considerati eterei stati mentali e superando di un colpo quella dicotomia che sembrava insanabile tra mente e corpo, croce e delizia dei filosofi dall’antichità ad oggi.

Oggi appare sempre più chiaro che la mente è un processo materiale che si sviluppa dentro il cervello attraverso la creazione e l’elaborazione di idee, immagini mentali che si appoggiano su fisiche configurazioni di reti neuronali.

Il cervello presenta decine di miliardi di connessioni tra neuroni che a loro volta possono interconnettersi in infinite combinazioni.

In questa infinitudine si strutturano in modelli neuronali più stabili quelle reti di associazioni che nel tempo si sono consolidate. E sono queste le idee, i sentimenti, le immagini che nella testa di ognuno di noi formano le nostre convinzioni. E attraverso le infinite risorse della mediasfera chi riesce a indirizzare la creazione ed a rendere stabili tra i nostri neuroni più sinapsi neuronali stabili vince nella lotta per il potere attraverso la comunicazione.

E deve essere chiaro che non sarà il pensiero razionale a creare queste convinzioni profonde, che si attiveranno quando uno slogan una parola una immagine verrà immessa nel circuito comunicativo.

Assistiamo oggi al trionfo di quelle che alcuni chiamano verità post fattuali, verità che non hanno nessun aggancio con la realtà effettiva ma che, per la loro viralità, diventano verità a tutti gli effetti.

Non le ha create il pensiero razionale e non potrà sconfiggerle il pensiero razionale con i suoi dati realistici, gli elenchi delle realizzazioni fatte e di quelle da fare in caso di vittoria elettorale (tutte cose in cui la sinistra è bravissima).

Ci vuole un intreccio tra razionalità e, diciamo così, irrazionalità, tra ragione ed emozione.

Fondamentale è il ruolo delle emozioni e di quella parte limbica del nostro cervello, l’amigdala, che è la parte più antica e dove nascono le emozioni primordiali (la paura, l’odio, l’amore, l’affetto, l’aggressività etc etc ).

Antonio Damasio, un importante neurologo portoghese, ha reso evidente la preminenza delle emozioni nel modo di stare in società e nel processo decisionale delle persone, i suoi studi ed i suoi esperimenti ci dicono che nel momento in cui si effettua una decisione e si fa una scelta le emozioni entrano fortemente in gioco.

Manuel Castells ci spiega che “ogni processo decisionale individuale implica un processo cognitivo che coinvolge al contempo emozioni e ragionamenti. In assenza di emozioni – come negli individui con lesioni cerebrali specifiche – è impossibile prendere decisioni logiche o “razionali”, perché viene meno il supporto dell’esperienza emotiva passata, che ci permette ad esempio di gerarchizzare le nostre preferenze o priorità.“.

In estrema sintesi possiamo dire che gli stimoli emotivamente intensi attivati da una esperienza reale ma anche da una campagna pubblicitaria o da un insieme di frasi continuamente ripetute dai media si fissano in un solco tracciato tra un neurone a l’altro (sinapsi), sono sentimenti che in quel processo materiale di trascrizione hanno la loro materialità.

E si associano ad altri accadimenti sperimentati nel vissuto quotidiano oppure ereditati per via genetica o culturale.

Cosa c’entra tutto questo con la Comunicazione politica, con la lotta politica con la conquista democratica del Potere?

Le nuove e raffinate strategie di Comunicazione politica puntano, nel lungo periodo, a creare nel nostro cervello queste associazioni, queste sinapsi, queste metafore (direbbe Lakoff) oppure nel breve periodo (il soffio di una campagna elettorale) ad attivare quelle associazioni, quei sentimenti che con cura per anni sono stati instillati ed iscritti nei circuiti neuronali sfruttando circuiti neuronali ancestrali legati alle emozioni primordiali depositate nell’amigdala, la parte limbica del nostro cervello che abbiamo in comune con il resto del regno animale (l’odio e l’amore, la cura e l’aggressività, etc. etc).

Manuel Castells ci ricorda con George Lakoff (il linguista cognitivo che ha applicato le sue ricerche anche alla politica) che “il nostro cervello pensa per metafore che sono delle strutture fisiche nel cervello”.

Le metafore quindi non sono soltanto delle bellissime figure retoriche utilizzate dai poeti ma sono anche, fisicamente, “sinapsi (congiunzioni) di neuroni che si attivano insieme, e che a forza di essere usati insieme si rafforzano in quanto sinapsi. Le metafore sono fondamentali nel collegare i circuiti cerebrali al linguaggio.

Le parole, associate a campi semantici, attivano delle metafore, che a loro volta evocano (possono evocare) dei frame.

In senso cognitivo, i frame sono reti neurali di associazioni (connessioni metaforiche) che strutturano narrazioni più ampie.

Ma le strutture dei frame sono anch’esse basate sull’esperienza. Emergono dall’organizzazione sociale che definisce i ruoli sociali. Vengono fissati nei circuiti cerebrali nel corso della storia, tramite l’evoluzione biologica e l’esperienza culturale.”.

Quindi ricapitolando nel nostro cervello, frutto della nostra storia biologica o delle nostre esperienze culturali e sociali, si inscrivono una infinità di “connessioni metaforiche”, “reti neurali di associazioni”, frame (cornici, filtri) attraverso cui formiamo le nostre convinzioni che si strutturano in ampie “narrazioni” (ed ecco qui l’altra parolaccia aborrita ed irrisa da certa sinistra nostalgica).

Chi è capace di svolgere la “narrazione” che attiva maggiormente le emozioni, i sentimenti, le connessioni esistenti nel nostro cervello avrà un vantaggio enorme in qualsiasi competizione elettorale.

I neocons USA utilizzarono per primi queste conoscenze mentre i Democratici basavano tutta la loro propaganda sui programmi, sulle cifre, sui fatti razionalmente incontrovertibili, cioè sull’utilizzo del solo pensiero nazionale. E perdevano.

Tanti anni fa Drew Westen (un altro neurologo Usa, studioso della mente politica) si domandava come mai gli americani apprezzavano molto nei sondaggi i programmi sociali dei Democratici ma poi votavano per i Repubblicani. E se lo spiegava con ciò che ho cercato di dire in questo mio articolo.

Non a caso Obama ha vinto perché è stato capace di parlare con l’emozione e con la ragione, non solo con il pensiero razionale, evocando “narrazioni” che stavano inscritte nel profondo del popolo americano e che è riuscito, utilizzando le parole giuste, a fare emergere.

Con la Clinton siamo tornati al pensiero razionale. E di qui la sua scarsa potenza emotiva che l’ha portata a perdere delle elezioni che sembravano vinte.

Tutto questo in Italia per la sinistra sembra ostrogoto.

Matteo Renzi ci ha provato ad innovare ma si è scontrato con un corpaccione politico non reattivo a queste novità, anzi per alcuni dichiaratamente ostile.

Come dicevo all’inizio la sinistra in Italia quando sente parlare di Comunicazione o peggio di Narrazione mette mano alla pistola.

Poco la sinistra ha capito che è fondamentale attivare azioni di controframing (narrazioni emozionali alternative) per contrastare la creazione di frame negativi.

E’ bene sapere che in assenza di questi controframing (narrazioni alternative) l’elettore sarà indirizzato verso i frame che gli vengono suggeriti. Da questo non si scappa.

Faccio 2 esempi pratici.

1.Il primo riguarda l’immigrazione.

La destra ha in decenni costruito un frame dove lo straniero, l’immigrato viene considerato solo in termini negativi. E lo ha fatto e lo fa amplificando narrazioni, storie singole, episodi individuali negativi. Per anni, generalizzando, hanno associato lo straniero a storie di scippi, spaccio di droga, violenze, al sentimento ancestrale di paura.

La sinistra ha risposto in due modi.

O accettando questa narrazione delle destre xenofobe addolcendole soltanto con un minimo di socialità oppure semplicemente predicando in maniera generale la virtù dell’accoglienza e della integrazione. Quando invece era necessario raccontare, raccontare di nuovo e riraccontare storie, svolgere una narrazione diversa che mettesse in luce le miriadi di episodi quotidiani che vedono l’immigrato svolgere un ruolo positivo nella nostra società, non solo economicamente (saranno loro a pagare le pensioni a noi in futuro) ma anche con molti loro comportamenti sociali. Dall’immigrato che restituisce il portafogli trovato per terra pieno di soldi a quello che sacrifica la sua vita in un supermercato per difendere gli altri clienti da una rapina a quello che si tuffa in un fiume a salvare un bambino che stava annegando a quelli che svolgono lavori umili che gli italiani non vogliono fare a quelli in fila davanti agli smorzi o nelle piazze dei paesi alla mercé di caporali senza scrupoli

2.L’altro esempio riguarda i Sindaci del PD.

I frame populisti hanno trasformato gli amministratori del PD tutti in ladri. Migliaia e migliaia di Sindaci PD sparsi in tutto il territorio hanno visto impresso su di loro un marchio di infamia, partendo da, percentualmente, poche inchieste che hanno investito qualcuno di loro (spesso poi finite al processo in un nulla di fatto).

Noi sappiamo che questo non è vero. Ma non abbiamo costruito un adeguato controframing. Abbiamo usato il pensiero razionale per cui siccome sappiamo che la stragrande maggioranza dei nostri amministratori sono persone oneste oltre che competenti bastava ribadire questo per sconfiggere l’onda populista. Ma non funziona così.

Dovevamo costruire una ampia narrazione dentro cui raccogliere le infinite buone prassi che quotidianamente i nostri amministratori mettono in pratica tra mille difficoltà burocratiche e la scarsità di risorse. Ci voleva una struttura nazionale che raccogliesse queste buone prassi e le trasformasse in una potentissima narrazione che mettesse insieme la storia del Sindaco PD che in un paesino siciliano combatte quotidianamente la mafia e vive in una condizione di insicurezza e non arretra a quella di chi ha ottimizzato la raccolta dei rifiuti rendendola una occasione di guadagno che si riverbera sulla collettività in termine di servizi gratuiti per tutti, la storia di quello che in una importante città del Sud ha portato la raccolta differenziata al 70% e di quello che ha ridotto gli sprechi ed è stato capace di rilanciare gli investimenti. Sono solo pochi esempi. Ma noi sappiamo che si potrebbe scrivere un libro con le buone prassi ed i comportamenti limpidi dei nostri amministratori PD.

Le destre ed i populisti, aiutati oggi dai social, mettono ogni minuto legna dentro il caminetto dei loro frame e lo fanno sempre, non solo in campagna elettorale, anzi nelle campagne elettorali mettono a frutto un lavoro fatto nel profondo in precedenza.

La sinistra non ne è capace. Non ne è stata capace. Non basta (e lo si è visto) chiamare il guru americano in occasione di una importante occasione elettorale. Sarebbe ora che invece ci dedichi una parte consistente del proprio tempo. Dedicando a questo lavoro intelligenze, energie, risorse, un lavoro lungo ma che non può essere improvvisato.

Perché l’intreccio tra Comunicazione e Potere è ormai indissolubile. E senza Potere le cose in meglio non si possono cambiare.

Post scriptum:

Sono certo che a questo pallosissimo articolo qualcuno reagirà dicendo le solite cose che una sinistra perdente dice da oltre 30 anni. Bisogna stare di più in mezzo alla gente!!!! Bisogna riaprire i circoli!!! Bisogna saper ascoltare di più!!! (sicuramente qualcuno dirà “bisogna essere più di sinistra!!!”).

Per carità, tutte cose giuste (anche se devo dirvi che ho una mia teoria su cosa significa stare più a sinistra). Ma dopo che saremo stati in mezzo alla gente, dopo che abbiamo riaperto i circoli, dopo che abbiamo ascoltato di più, cosa facciamo? Come gli diciamo le cose? Come gli facciamo cambiare idea se ad esempio abbiamo ascoltato discorsi xenofobi o altro? Come conquistiamo il consenso necessario a conquistare quel Potere necessario a farci cambiare in meglio le cose?

No così tanto per sapere.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE:

  • Manuel Castells, Comunicazione e Potere, Ed. Università Bocconi
  • Antonio S. Damasio, Emozione e coscienza, Ed. Adelphi
  • Drew Westen, La mente politica, il ruolo delle emozioni nelle scelte degli elettori, Ed. il Saggiatore
  • George Lakoff, Pensiero politico e scienza della mente, Mondadori
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Enzo Puro

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Aggiornato al 31 marzo 2018

 

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