Quel sampietrino lanciato dalla Annunziata contro Lama. Un riformismo che non rinnega alcunché

Enzo Puro racconta e pubblica l’intervista di Luciano Lama nel 1978. La continuità col riformismo del grande leader sindacale. Nessun tradimento degli ideali della mia gioventù. Di cosa cianciano Bersani e D’Alema?

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Quel sampietrino lanciato dalla Annunziata contro Lama. Un riformismo che non rinnega alcunché

Ho riletto in questi giorni l’intervista che il leader della CGIL Luciano Lama rilasciò il 24 Gennaio del 1978 ad Eugenio Scalfari.

Quel Lama contro cui l’attuale Direttrice dell’Huffington post, all’epoca giovane gruppettara allieva della Rossanda, scagliò un sampietrino quel brutto giorno all’Università di Roma (all’epoca scagliò un sampietrino oggi si è ripulita e scaglia i suoi articoli contro il PD di Renzi, l’unica forza autenticamente riformista del nostro paese).

Oggi in molti cianciano a sproposito facendo l’analisi del sangue per capire quanto sia di sinistra la filosofia che guida in tema di lavoro ed economia l’operato del governo Renzi.

L’omino di Bettola parla di politiche di destra.

Baffino detto il migliore afferma che Renzi svilisce e rinnega la nostra storia.

Io dentro quella storia sono cresciuto e non ho l’impressione che si stia rinnegando alcunché.

Si può essere d’accordo o meno con questa o quella misura ma stiamo nel solco di una grande tradizione politica.

Il PCI non era solo Ingrao o Reichlin o Tortorella, il PCI fu anche (io direi soprattutto) un grande Partito riformista che con la solidarietà nazionale di Berlinguer e con la politica sindacale di Luciano Lama si inscrive in un solco che arriva fino a noi e informa anche l’attuale PD che non è certo estraneo (fatte le dovute distinzioni vista la differenza delle caratteristiche epocali) a quella storia riformista.

E rileggendo questa intervista di Luciano Lama me ne convinco sempre di più e mi convinco di non stare tradendo nessun ideale della mia gioventù anzi credo di inverarlo pur nelle mutate condizioni economiche, sociali politiche (globalizzazione, finanziarizzazione e conseguente crisi degli Stati nazione, extraterritorialità dei poteri finanziari che oggi dominano il mondo).

Vi propongo la lettura di ampi stralci delle cose dette da Luciano Lama ad Eugenio Scalfari, potrete così capire direttamente che su molte di quelle affermazioni c’è una continuità con la storia di oggi.

Lama era un comunista italiano. Non certo un traditore della classe operaia.

“Il sindacato propone ai lavoratori una politica di sacrifici. Sacrifici non marginali, ma sostanziali.

Quando il sindacato mette al primo punto del suo programma la disoccupazione, vuol dire che si è reso conto che il problema di avere un milione e seicentomila disoccupati è ormai angoscioso, tragico, e che ad esse vanno sacrificati tutti gli altri obiettivi.

Per esempio quello - peraltro pienamente legittimo per il movimento sindacale - di migliorare le condizioni degli operai occupati.

Ebbene, se vogliamo esser coerenti con l'obiettivo di far diminuire la disoccupazione, è chiaro che il miglioramento delle condizioni degli operai occupati deve passare in seconda linea.

Noi non possiamo più obbligare le aziende a trattenere alle loro dipendenze un numero di lavoratori che esorbita le loro possibilità produttive, né possiamo continuare a pretendere che la Cassa integrazione assista in via permanente i lavoratori eccedenti.

Un sistema economico non sopporta variabili indipendenti.

I capitalisti sostengono che il profitto è una variabile indipendente.

I lavoratori e il loro sindacato, quasi per ritorsione, hanno sostenuto in questi anni che il salario è una variabile indipendente. In parole semplici: si stabiliva un certo livello salariale e un certo livello dell'occupazione e poi si chiedeva che le altre grandezze economiche fossero fissate in modo da rendere possibile quei livelli di salario e d'occupazione.

Ebbene, dobbiamo essere intellettualmente onesti: è stata una sciocchezza, perché in un'economia aperta le variabili sono tutte dipendenti una dall'altra".

Se il livello salariale è troppo elevato rispetto alla produttività, il livello dell'occupazione tenderà a scendere. E l'esperienza di questi anni ce l'ha confermato. Oppure, l'occupazione non scenderà, ma la disoccupazione aumenterà, perché le nuove leve giovani non troveranno sbocco".

C'è un certo numero di aziende che ha un carico di dipendenti eccessivo. Non si tratta di cifre terribili, ma neppure esigue. Siamo nell'ordine di parecchie decine di migliaia di lavoratori.

Ciò crea problemi umani e sociali molto gravi, anche perché in Italia lo sviluppo economico è bloccato e i lavoratori che perdono il posto hanno il fondato timore di non trovarne mai più un altro.

E poi si tratta quasi sempre di grandi aziende, i cui stabilimenti sono situati in centri urbani importanti: ciò accresce il disagio sociale e politico di queste operazioni.

Noi siamo tuttavia convinti che imporre alle aziende quote di manodopera eccedenti sia una politica suicida. L'economia italiana sta piegandosi sulle ginocchia anche a causa di questa politica. Perciò, sebbene nessuno quanto noi si renda conto della difficoltà del problema, riteniamo che le aziende, quando sia accertato il loro stato di crisi, abbiano il diritto di licenziare.

Proponiamo che la Cassa integrazione non assista i lavoratori per più d'un anno perché non vogliamo trasformare il lavoro produttivo in assistenza.

E poi capita spesso che i lavoratori in cassa integrazione trovino un altro lavoro, un lavoro nero, e contemporaneamente beneficino del salario corrisposto dalla Cassa. Questi fenomeni, specie al Nord, sono abbastanza diffusi. E debbono assolutamente cessare”

079 Dati social all'8 febbraio 2016


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Enzo Puro

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Aggiornato al 31 marzo 2018

 

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