Mala tempora currunt…

L’interdizione dai pubblici uffici è la più rilevante sanzione prescritta dal sistema penale vigente, e priva il condannato del diritto di elettorato attivo e passivo. Vi era proprio bisogno di aggiungere altre norme che si sovrappongono e contraddicono qualcosa che, invece, è molto lineare?

Letto 4838
Mala tempora currunt…

Se i padri nobili della Repubblica e della democrazia avessero pensato che il pre-requisito indispensabile per la candidabilità ed eleggibilità fossero il casellario giudiziario e i carichi pendenti si sarebbero privati della presenza nelle Istituzioni di personalità come Giorgio Amendola, Enrico Berlinguer, Eugenio Colorni, Giuseppe Di Vittorio, Giorgio La Pira, Pio La Torre, Pietro Nenni, Teresa Noce, Giancarlo Pajetta, Sandro Pertini, Camilla Ravera, Ernesto Rossi, Altiero Spinelli, Palmiro Togliatti, Bruno Trentin, Filippo Turati. E ho citato solo i primi nomi che mi sono venuti in mente, dimenticandone sicuramente qualche centinaio.

Invece, eredi dello stato di diritto, dell’Illuminismo e di Cesare Beccaria scrissero all’art. 27 della Costituzione: “La responsabilità penale è personale. L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.

Settanta anni dopo tutto questo sembra facilmente abbandonato e a poche ore dall’apertura delle urne per le elezioni amministrative in sette importanti Regioni, accantonati programmi politici e prospettive di governo, gli unici argomenti che monopolizzano l’attenzione sono la lista degli impresentabili stilata dalla Commissione parlamentare antimafia e l’applicazione della legge 190/2012 ("Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione"), meglio nota come legge Severino, per il candidato Vincenzo De Luca alla Presidenza della Regione Campania.

In sintesi, le valutazioni che dovrebbero essere di opportunità politica vengono demandate ad una dimensione puramente giudiziaria o addirittura pre-giudiziaria, con tutti i limiti che questo comporta e portando a situazioni paradossali.

E se, da una parte, un Paese veramente democratico deve rimanere garantista sempre e in qualsiasi situazione, dall’altra partiti e movimenti politici non possono esimersi da valutazioni politiche per scegliere o evitare candidature e indipendentemente dalle singole situazioni giudiziarie. Ad esempio, entrambe le norme non impediscono la candidatura e l’eleggibilità di uno stupratore, ma sospende dal ruolo di amministratore un sindaco come Luigi De Magistris, a seguito di una condanna in primo grado per abuso d'ufficio. Negli anni Sessanta, in mancanza di indagini e condanne, nessuno avrebbe potuto mettere in dubbio l’onorabilità di Vito Ciancimino, ma a Pio La Torre, arrestato nel 1950 con l’accusa di tentato omicidio di un carabiniere, sarebbe stato impedito di portare avanti le sue battaglie politiche e contro la mafia.

Allora, cerchiamo di essere seri e credibili. Non possono esserci liste e regole extra-giudiziarie di chi deve o non deve candidarsi. Si è innocenti fino al terzo grado di giudizio e questo non sottrae ogni singolo partito, movimento o lista civica di assumersi le proprie responsabilità e le proprie valutazioni, così come non esime i cittadini di decidere liberamente, su chi votare o meno.

Per tutto il resto vi è l’interdizione dai pubblici uffici che è la più rilevante sanzione prescritta dal sistema penale vigente, e priva il condannato del diritto di elettorato attivo e passivo. L'interdizione, inoltre, consegue alla condanna di un reato realizzato mediante abuso di poteri o violazione di doveri inerenti alla pubblica funzione o al pubblico servizio, o come pena accessoria per alcuni reati contro la pubblica amministrazione. Vi era bisogno di aggiungere altre norme che si sovrappongono e contraddicono qualcosa che, invece, è molto lineare? E tornano in mente le parole di Cesare Beccaria: “Volete prevenire i delitti? Fate che le leggi sian chiare, semplici, e che tutta la forza della Nazione sia condensata a difenderle, e nessuna parte di essa sia impiegata a distruggerle”.

A scuola mi insegnarono anche che l’ultima vittima illustre di una lista di proscrizione fu l’oratore Marco Tullio Cicerone nel 43 a. C. e, dopo di lui, l’allontanamento forzoso dalle cariche pubbliche fu considerato il gesto sconsiderato tipico dei regimi totalitari.

Si può ben dire mala tempora currunt sed peiora parantur.

043 Dati social all'8 febbraio 2016


Letto 4838

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Bianca La Rocca

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Aggiornato al 31 marzo 2018

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