Il paradosso italiano

Cacciare il medico se il paziente migliora

Letto 6789
Il paradosso italiano

No, non è il racconto di un assurdo episodio accaduto in un ospedale della nostra beneamata penisola.

Per restare nella metafora, si tratta dei numerosi parenti serpenti ingannati e sobillati dai medici che avevano sbagliato le cure e che per non perdere il potere della baronia fanno la guerra al giovane dottore che, invece, le cure le sta azzeccando. Esplicito il riferimento alla situazione politica italiana.

La semplice domanda per questi parenti è: possibile che avete già dimenticato in che stato versava fino a due anni fa la tanto cara signora Italia?

Il giovane medico ha avuto il coraggio di mettere alla porta i capireparto e di togliere dal comodino della paziente tutti gli intrugli tossici o a effetto placebo che venivano somministrati da anni. Ha scelto bravi colleghi e infermieri disposti a fare gli straordinari e iniziato una nuova cura che ha cominciato a fare effetto.

La signora Italia non è ancora guarita ma sta migliorando ed è logico che ci vorrà ancora tempo affinché si riprenda definitivamente. Eppure di fronte ai primi segnali incoraggianti, alla febbre diminuita, al ritorno dell’appetito, agli arti che ricominciano a muoversi, c’è chi scuote la testa preda di un pessimismo da lettino dello psicologo, chi nega l’evidenza pur di tenersi stretti agi e privilegi e chi, con la sua laurea in tuttologia, dice che si dovrebbe fare di più, che siamo ancora fermi mentre altri corrono. Si è mai visto un malato cronico che dopo le prime cure balza fuori dal letto pronto per sfidare Usain Bolt sui cento metri?

Primi risultati delle riforme: segno più per PIL e occupazione, investimenti, produzione industriale, fondi europei utilizzati, nuove imprese e start-up innovative, consumi interni, introiti dalla lotta all’evasione fiscale, rientro dei capitali detenuti illecitamente all’estero e segno meno per la pressione fiscale. La decisione dell’Unione europea di riconoscere maggiore flessibilità ai nostri conti dimostra l’accresciuto ruolo internazionale del nostro Paese fin da quando questo governo ha guidato il primo semestre europeo riuscendo ad imporre i temi della crescita e di una minore rigidità economica e finanziaria.

Per chi aveva ridotto l’Italia a fanalino di coda dell’Europa e per i loro isterici figliocci a cinque stelle è facile dire che si deve abbassare il debito pubblico e contemporaneamente tagliare le spese, aumentare investimenti e redditi, applicare una flat tax del 15%, istituire un reddito di cittadinanza per milioni di cittadini.

Questo governo ha mandato al macero la ricetta al curaro dei tagli lineari e perciò non resta che proseguire con le riforme in programma. Ci vorrà ancora tempo ma sarà ben speso.

E ora ai discepoli del Gattopardo non resta che aggrapparsi ad altro: a Verdini, assieme al quale hanno sostenuto prima Monti e poi Letta e alle riforme della Costituzione e del sistema elettorale che hanno sempre dichiarato di voler fare e che mai hanno fatto perché in fin dei conti tutto doveva restare come era.

Alla minoranza per vocazione del PD tutto ciò sembra non interessare dimentichi del fatto che questo è il primo governo guidato dal più grande partito appartenente al novero del socialismo europeo. Affezionati al ricordo dei convegni in cui era così gratificante parlarne, preferiscono rimuovere il non essere riusciti a farlo entrare da subito nel PSE e frequentare il cortile di qualche talk show.

Quando vennero approvati il divorzio, il diritto di famiglia e addirittura l’aborto, PCI e DC votarono assieme e nessun compagno andò in giro a piagnucolare ma festeggiò come era giusto. Cosa che certi loro presunti discendenti si sono ben guardati dal fare dopo il voto sulle unioni civili. E tanto per riandare indietro nel tempo, a questa Confraternita del Pilucco occorre ricordare il governo di unità nazionale o dellanon sfiducia” del 1976, monocolore Andreotti. Già, proprio lui, l’odiato amerikano Giulio Andreotti sostenuto pure dal PCI. Diranno che erano altri tempi, che si votò su provvedimenti specifici, che all’epoca c’era l’emergenza terrorismo e che il risultato di quelle elezioni non assicurava una maggioranza stabile.

Ohibò, ma davvero!? Perché forse oggi non c’è una delicatissima emergenza internazionale, una crisi economica durissima da cui si sta appena uscendo, un sistema istituzionale ormai lento, farraginoso, bizantino e uno elettorale che non garantirà mai un minimo di stabilità e tantomeno una ripresa davvero forte? Che finalmente è giunto il momento di lasciarci alle spalle l’era degli inciuci, degli accordicchi, dei compromessi, dei caminetti, dei patti delle crostate, dei governi balneari e dei tecnici, delle cose fatte a metà, delle coalizioni sotto ricatto ai Maestri del Distinguo non interessa. Bisogna riparlarne, dicono, altrimenti sarà l’ennesimo no nel quale continuare a specchiarsi come novelli Adone. Peccato che assieme a loro ad annegare ci sarebbe l’Italia intera.

Letto 6789

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Fabio Lazzaroni

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Aggiornato al 31 marzo 2018

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