TURANEIDE. Al governo oggi quell’Italia consociativa che ha fatto fuori Matteo Renzi, il capro espiatorio, il Malaussene della politica italiana.

L’inutilità di spiegare a Di Maio cosa sono i mercati. Il potentissimo fondo delle “vedove scozzesi”. L’impossibilità di sequestrare il risparmio privato come sembra adombrare Giorgetti. Bloccare le grandi opere e tornare ai bracieri? La saggezza dei nostri antenati che hanno scavato gallerie, sistemato binari, gasdotti ed elettrodotti. Ma lo sanno cosa era davvero la civiltà contadina? Quell’Italia consociativa, di destra e di sinistra, che ha fatto fuori Matteo Renzi. Marchionne se ne è andato e ci è rimasto Di Maio

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TURANEIDE. Al governo oggi quell’Italia consociativa che ha fatto fuori Matteo Renzi, il capro espiatorio, il Malaussene della politica italiana.

Beppe Turani è un grande giornalista, di quella razza che non se ne trovano più, sa di economia come pochi, fu uno dei fondatori del quotidiano la Repubblica, culo e camicia a lungo con Eugenio Scalfari dal quale però, all’età di 48 anni, si divise definitivamente lasciando il giornale che aveva fondato.

Leggo sempre i suoi articoli ficcanti su Uomini e Business, non sempre sono d’accordo ma gli riconosco che è uno dei pochissimi giornalisti che non si sono fatti incantare dalle sirene populiste e grilline, da quella campagna anticasta che è stato l’humus su cui è cresciuto il Movimento 5 stelle.

Ho fatto una sintesi di alcuni dei pezzi più brillanti scritti di recente da Turani e ve li ripropongo come strumento per una campagna antidemagogica e antisovranista che prima o poi dovremo avere la forza di lanciare con forza e con estremo coraggio.

I MERCATI E LE VEDOVE SCOZZESI

In un suo articolo, a mio avviso memorabile, Beppe Turani ci fa conoscere le vedove scozzesi. O meglio il loro potentissimo fondo pensioni (potente quanto il fondo pensioni dei pensionati Californiani di cui decine di anni fa parlò il Presidente francese Mitterrand quando spiegò il crollo di una importante industria d’oltralpe presa di mira appunto dal fondo dei pensionati della California).

Turani ci parla del fondo delle vedove scozzesi prendendo spunto da una delle ultime stupide affermazioni del giovin Di Maio che, in atteggiamento ridicolmente gladiatorio dice “non temiamo i mercati perché non siamo ricattabili”.

Turani, partendo da questa affermazione tira le conclusioni sostenendo che solo uno vissuto su Marte può dire cretinate simili e si rassegna a pensare che “non esiste alcuna possibilità di ottenere comportamenti normali da questo governo di sciamannati.”

E prova a spiegare con parole semplici che i mercati se ne sbattono altamente della onestà o meno di un governo. I mercati sono fatti “da decine di migliaia di operatori che amministrano i soldi dei loro clienti e guardano ad una sola cosa: se sia o no conveniente comprare titoli del debito pubblico italiano rispetto a altre possibilità di investimento.”

Ed è qui che l’impareggiabile Turani introduce le figure delle Vedovi scozzesi spiegando al giovin Di Maio che “le vedove scozzesi sono appunto delle vedove, nella vita hanno già sofferto molto, hanno perso i loro uomini e l’unica consolazione che hanno sono i soldi investiti nel loro Fondo meraviglioso: quindi sono soldi che non prestano in giro con tanta facilità. Lei, caro Di Maio, oltre a non essere ricattabile (ma da chi, per cosa?) deve soprattutto dimostrare di essere un bravo amministratore, di pagare regolarmente gli interessi, di non gettare via il denaro, di non bere troppo alla sera e di non gettare i soldi dalla finestra.

Forse, bisognerebbe pagare una trasferta al giovane Di Maio e mandarlo a parlare con i gestori del potentissimo Fondo delle Vedove Scozzesi. Così magari gli spiegano che l’Italia è appena due scalini sopra il livello junk bonds: se le agenzie di rating (che sono ovviamente tutte manovrate dalla Cia e dai rettiliani) ci abbassano ancora due volte, i nostri titoli pubblici diventano junk, spazzatura: il che significa che nessuna istituzione al mondo potrà comprarli, nemmeno le banche italiane.

Quindi non si tratta di essere più o meno ricattabili (o avere un’amante nell’armadio), ma di avere i conti a posto. Nel caso italiano (già 2300 miliardi di debiti), significa dare prova concreta che si vuole rientrare da questo mostruoso indebitamento.”

Ma, conclude Turani, se “le Vedove scozzesi intuiscono che alla fine vi servite dei debiti, come sempre, per dare qualcosa ai vostri elettori ed in più, c’è il sospetto che vogliate riportare il paese agli anni Cinquanta, no Tav, no Tap, no Ilva, no vax, ecc. allora capiscono che non siete proprio un governo del cambiamento (non siete Singapore), ma solo una banda di giovani confusi, avviati verso il disastro totale per manifesta stupidità.”

Ed è per questo che ogni volta che Di Maio parla ”lo spread sale un po’. Stamattina è già volato oltre quota 280”.

IL RISPARMIO PRIVATO NON SI PUO’ SEQUESTRARE.

In un altro articolo su Uomini e Business Turani ci dice che gli attuali governanti sono “una banda di pasticcioni, insomma, e anche un po’eversivi. Intanto lo spread sale e l’anno prossimo ci saranno almeno 5 miliardi di spese in più di interessi grazie alle loro chiacchiere (Fico prenda nota: lui risparmia 40 milioni con i vitalizi, gli amici suoi spendono 5 miliardi). “

E aggiunge che siamo in mano ad una banda di pazzi, e fa rientrare in questa categoria anche i più ragionevoli come Giorgetti quando dice che “è in arrivo, sui mercati, una tempesta contro l’Italia, ma dice anche che sapremo resistere tranquillamente perché l’Italia ha una montagna di risparmio privato.”

L’ignoranza che sottostà a questa affermazione fa inalberare il vecchio giornalista: a questi, scrive, “non gli è ancora entrato in testa che i risparmi degli italiani sono degli italiani appunto e non del governo. Non si possono sequestrare.

Se lo Stato vuole quei soldi, li deve chiedere in prestito, e deve dire quanto pagherà di interessi: non capisco perché gli italiani dovrebbero accontentarsi di meno rispetto agli investitori internazionali. Forse perché “prima gli italiani”? O si pensa, in qualche modo, di costringerli a sottoscrivere i Bot del governo gialloverde? Siamo a un passo dall’oro alla patria? Ma si rendono conto che una cosa del genere sarebbe già uscire dalla storia democratica del paese?

Oppure pensano di obbligare le banche italiane a comprare i loro Bot? Anche questo non si può fare, a parte il fatto che le nostre banche hanno già in carico troppi titoli del debito pubblico (e per questo ogni volta che sale lo spread, le banche vanno giù in borsa).

Il sospetto, insomma, è che ignorino i fondamentali dell’economia e della democrazia e che si apprestino a trasformare settembre in una sorta di incubo.

In conclusione: questi stanno correndo a 200 all’ora verso il default italiano, ma non se ne rendono conto. Finiranno inseguiti con i forconi dai loro stessi elettori.”

LE GRANDI OPERE E LA CIVILTA’. DOBBIAMO TORNARE AI BRACIERI?

Facile poi prendersela con la ministra (ahinoi) del Mezzogiorno l’ignorantissima Lezzi (quella che disse che il PIL italiano aumentava perché c’era caldo e quindi c’erano in funzione tanti aggeggi per l’aria condizionata).

Sulle grandi opere che i 5 stelle vorrebbero bloccare Turani scrive che “in realtà, la Lezzi sa benissimo che probabilmente tanto la Tap quanto la Tav non potranno essere fermate, come mille altre cose, e allora imbonisce cose senza senso per guadagnare tempo” come affermare che il gasdotto pugliese è cancerogeno.

“Da lontano – continua il vecchio Beppe - le fa eco il suo boss, Giggetto o’ bibitaro, il quale ribadisce che bisogna sentire le comunità interessate. Ovviamente anche Di Maio, mena il can per l’aia: Tap e Tav sono progetti di portata continentale: quale comunità si deve pronunciare? Quella di un comunello pugliese? Siamo sicuri che questa gente abbia tutti i neuroni al posto giusto? Se in passato in Europa avessimo seguito questi stessi criteri probabilmente si andrebbe ancora da Roma a Parigi in carrozza o forse a piedi attraverso campi incolti. L’Europa è quello che è (tutto sommato uno dei posti migliori al mondo, dove si viene curati e assistiti) perché dei nostri antenati, saggi, hanno allegramente scavato gallerie, sistemando binari, gasdotti e elettrodotti.

La civiltà moderna, spiace per la Lezzi, Grillo, Di Maio e compagnia cantando, è fatta di ferro e di cemento. Se non se ne sono accorti, escano di casa e si guardino intorno. Anche la loro civiltà del clic non sarebbe possibile senza un Enel da qualche parte che porta silenziosamente l’energia elettrica e la fibra Internet a casa loro.

E, già che siamo in argomento, la civiltà moderna è fatta anche di banche (qualunque cosa dicano i populisti moderni): senza le banche nulla di quello che Grillo e la Lezzi vedono dalle finestre di casa propria potrebbe esistere. Siamo una civiltà costruita sull’indebitamento. Ripeto: basta che si affaccino alla finestra per capirlo. Non serve nemmeno studiare, leggere, basta guardare dritto in avanti. Oppure basta andare in cucina e accendere il gas: da dove arriva? Lo manda lo spirito santo, Grillo? Passerà mica attraverso un gasdotto? Vergogna, come si sono permessi? Via tutto e si torni ai bracieri, si taglino boschi e si dia fuoco alle fiamme. Dei dementi, via.”

IGNORANO CHE LA CIVILTA’ CONTADINA ERA POVERA E VIOLENTA.

“Questi vorrebbero radere al suolo tutto per tornare a un’epoca bucolica e di pace. Non avendo mai letto niente, ignorano che la civiltà contadina era povera, violenta, si moriva giovani, aveva pochissima morale. Per fortuna ce ne siamo liberati, e adesso abbiamo il welfare (bene o male) e qualcuno gira addirittura in Mercedes. Persino un tot di grillini stanno al parlamento, a dodici mila euro al mese, perché il paese è ricco e se lo può permettere. Altrimenti, nella civiltà che sognano, quella della decrescita verso il mondo silvo-pastorale, sarebbero a fare gli stregoni nelle campagne salentine e a vendere pozioni magiche contro il mal d’amore. Barbara Lezzi forse gestirebbe nelle fiere di paese un baraccone “tre palle un soldo”.

Quelli di questo governo, insomma, sono come dischi registrati cento anni fa, che ancora suonano. La loro incapacità di fare i conti con la realtà è impressionante. Usano disinvoltamente (fin troppo) iPhone e iPad, ma non riescono a capire che nel mondo che sognano sarebbero ancora lì a fare segnali di fumo.”

MA DI MAIO SI ACCORGERA’ MAI DI ESSERE UN CRETINO?

Il loro (e nostro) schianto è inevitabile. I soldi non ci sono e loro sono pazzi. Il famoso contratto su cui è nato questo governo vale qualcosa nella misura in cui verrà stracciato e gettato via. Buono nemmeno per scaldare un bicchiere di cognac nelle fredde sere d’inverno.

Residua testimonianza di un momento di follia collettiva, indotta dal meno divertente dei nostri comici, gran collettore di rancori e di invidie.

“Ma di Maio, pian pianino, s’accorgerà d’essere un cretino?”. La domanda vola sui social network e diventa virale. Ma la risposta è nota: no, il ragazzo dispone di un ego che gli impedisce automaticamente di ammettere una sua ignoranza quasi onnicomprensiva. Continuerà a sorridere come un piccolo ebete e a combinare disastri. Non esistono rimedi.”

L’ITALIA CONSOCIATIVA, DI DESTRA E DI SINISTRA CHE HA FATTO FUORI MATTEO RENZI.

In un altro articolo Turani si domanda cosa farà adesso Renzi, quel Renzi che noi in un precedente articolo molto letto abbiamo definito come il Malaussenne della politica italiana. Ed è una domanda vera fatta da uno che dichiara di non avere contatti con lui (sottile ironia alle telefonate domenicali di Matteo con Eugenio Scalfari) malgrado, scrive, i “nemici di Renzi pensino che io sia un suo sodale (forse anche pagato), e mi querelano pure. Gli amici di Renzi invece mi guardano con qualche sospetto perché ogni tanto sollevo qualche critica.”

Turani ci racconta di aver ascoltato l’intervento di Renzi all’ultima assemblea del PD e di averne tratto la conclusione che non c’è dibattito e che “se oggi quel partito ha un leader, quel leader è lui. Ha la politica nel Dna. Si sa spiegare, sa convincere, sa argomentare.”

E dopo questa assertiva conclusione aggiunge: “Non credo che farà mai “En marche”, come tanti amici vorrebbero (me compreso). Mi rendo conto che tollerare uno come Emiliano (o anche uno assai più educato come Cuperlo) richieda dosi di pazienza immani.

Ma la storia della sinistra è anche questa, nel bene e nel male, forti passioni e forti risse. Da certi congressi locali del Psi si scappava quando cominciavano a volare le sedie. Non cambierà mai, purtroppo.

Penso che Renzi resti nel Pd e che vinca il prossimo congresso.

Mi auguro solo che, questa volta, abbia il coraggio di rottamare di più. Il dibattito è bello, è divertente, ma non si può vivere di dibattiti. C’è un momento in cui le discussioni devono finire, e si deve fare. Emiliano, e altri, sono incompatibili con il Pd renziano da tempo, forse da sempre (come metà dei dirigenti a sud di Roma). Devono essere messi nelle condizioni di andarsene. Oppure esiste sempre la vecchia espulsione per indegnità politica, un po’ leninista-staliniana come misura, ma utile in certi casi.

L’ho già scritto altre volte, e quindi un po’ mi ripeto. A Renzi dobbiamo almeno due intuizioni politiche che hanno segnato il nostro tempo:

1- Una sinistra moderna ha senso solo se è liberal-democratica, competitiva, aperta, lanciata verso il futuro. In questo è arrivato anche prima di Macron.

2- Il populismo (che è di destra, e non di sinistra) è il nemico da battere.”

Chi ha avversato Renzi, scrive Turani vuole “l’Italia come è sempre stata. Vogliono, cioè, un’Italia consociativa. Un’Italia dove magari vince uno o vince l’altro, ma alla fine ci si spartisce educatamente il potere. Oggi il paese è dove si trova (cioè nei guai) perché è sempre stato amministrato così. Abbiamo 2300 miliardi di debiti che rischiano di affossarci alla prima crisi congiunturale, ma nessuno di noi ha mai visto cortei contro gli eccessi della spesa pubblica. E non li abbiamo mai visti perché nell’Italia consociativa funziona così: io regalo una pensione facile a te, e tu mi regali un ponte al mio paesello o un ospedale inutile. O addirittura un’università: ne abbiamo un centinaio, 90 potrebbero essere chiuse domani mattina dai carabinieri senza alcun danno visibile per la cultura.

I nemici di Renzi vogliono tornare a questo tipo di Italia. Un’Italia in cui, se sei nei piani alti, non sei mai escluso del tutto. Mal che vada ti danno un ente da dirigere, ben sapendo che, se vincerai le prossime elezioni, restituirai il favore.

I nemici di Renzi, viste come sono andate le cose, hanno in testa un piano molto semplice e quasi elementare: far litigare Salvini e Di Maio, e poi proporsi a Di Maio al posto di Salvini. Come nel ballo con le quattro sedie. Oplà, si cambia. Fuori uno, dentro un altro. Salvini fa tappezzeria e noi si balla, che bello.

E così si torna in gioco: ministero dell’agricoltura, delle pari opportunità, della riforma della PA (tanto non si fa), politiche per il Sud (idem, non si fa). Non male per chi ha perso le elezioni.

Ma perché puntare su Renzi, ancora? Non ha già fatto troppi errori?

Vero. Li ha fatti. Ma non si tratta solo di questo. L’odio per Renzi (totale, insensato, indecente) non nasce dalla sua presunta antipatia, ma da una semplicissima questione politica. Contro di lui si è mobilitato di tutto: gli hanno persino inventato un fratello di nome Gianni (migliaia di like su FB), che non fa un cazzo e guadagna 53 mila euro al mese. Il vero fratello non si chiama Gianni, fa il medico oncologico, lavora all’estero, e ovviamente non guadagna così tanto.

Se vi guardate intorno, vi accorgerete che è l’unico leader politico che davvero vuole smontare (e in parte lo aveva fatto) l’Italia consociativa. E quindi è un leader politico che va estromesso. È il granello di sabbia che può rovinare gli oliati meccanismi dell’Italia consociativa.

E questo è il reato peggiore per un paese fatto di grandi e piccole lobby. Contro di lui hanno trovato l’accordo destra e sinistra perché entrambi gli schieramenti tengono a conservare l’Italia consociativa, l’Italia in cui non si perde mai davvero e in cui semmai aumenta solo la spesa pubblica. L’Italia in cui ti tieni il tuo taxi e vendi la tua licenza, o ti tieni la tua farmacia e vendi la licenza. L’Italia in cui puoi mettere i cinesi in cantina a lavorare, e poi votare per un esaltato che vuole cacciare tutti gli stranieri, tanto al milione di badanti che si occupano dei nostri vecchi ci pensano i giovani padani con il fazzoletto verde, campioni mondiali di boccette, mai lavorato un solo giorno in vita loro (come Salvini).

All’assemblea del Pd Renzi ha detto tante cose, ma su un punto è stato chiarissimo: tutto si può perdonare ai 5 stelle (persino di essere stupidi, questo lo dico io), ma non di aver inquinato la vita politica italiana. Questo non si può perdonare. Ci siamo già dimenticati che avevano chiesto anche l’impeachment (che non esiste nemmeno) per Mattarella? Non si può perdonare loro di aver introdotto il manganellamento personale degli avversari politici (quello che all’estero si chiama character assassination).

Con questa gente, per di più dipendente da una S.r.l. privata, non ci possono essere accordi. Questi sono i nemici da battere.

Ma un pezzo di Pd dopo nemmeno 120 giorni è già stufo di opposizione, sogna poltrone ministeriali (anche di seconda scelta), uscieri, auto blu, segretarie, viaggi all’estero.

MARCHIONNE SE NE VA E CI RIMANE DI MAIO

Non poteva mancare, in questa sfilza di brani tratti dagli articoli di Beppe Turani sul blog Uomini e Business, il suo ricordo di Sergio Marchionne:

“Senza Marchionne non avremmo avuto solo qualche operaio in meno, ma il nulla. A Detroit e a Mirafiori si coltiverebbero fiori.

Certo, la Fiat non è più quella di una volta (60 mila persone sotto gli stessi capannoni). Ma niente è più quello di una volta. L’iPhone lo fanno in Cina e non in California. E i nostri jeans arrivano da chissà dove.

Persino la classe operaia, cari amici del Manifesto, non è più quella di una volta: a leggere i vostri pensieri (spesso sbagliati) siamo rimasti in quattro radical-chic, gli operai non vi leggono e votano Lega e Cinque stelle, che le fabbriche le vogliono distruggere.

Tutto cambia, facciamocene una ragione.

E rendiamo onore, sempre, al figlio di carabiniere, con tre lauree e in grado di parlare a tu per tu con Obama, che ha salvato tutto. Purtroppo, Marchionne se ne va, e ci rimane Di Maio, che nemmeno sua mamma prende sul serio.”

POST SCRIPTUM:

Gli articoli di Turani citati sono tratti dalla rivista on line Uomini e Business

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Enzo Puro

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Aggiornato al 31 marzo 2018

 

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